PROGETTO PER SPECIFICO TERRITORIO.
“IL LABIRINTO DELLA MEDICINA, PERCORSI EDUCATIVI PER NON PERDERSI”.
di Gianni Rinaudo
Introduzione
Cap.1 Da una situazione problematica alla definizione dell’ipotesi Cap.2 Definire i termini dell’ipotesi per progettare percorsi d’educazione alla salute Cap.3 Conoscere lo stato di salute dei cittadini di uno specifico territorio Cap.4Identificazione e valutazione delle risorse e degli ostacoli Cap.5 Gli obiettivi: sceglierli, gestirli. Cap.6I contenuti, i metodi e le tecniche per il progetto territoriale integrato che promuove la salute dei cittadini Cap.7Cosa e come valutare il progetto territoriale integrato per la promozione della salute |
INTRODUZIONEL’uomo è affascinato da tutto ciò che è nuovo, ma il suo pensiero si modifica meno velocemente della realtà che lo circonda: i grossi cambiamenti gli costano fatica. A livello istituzionale, ciò comporta che ogni innovazione richieda tempi molto lunghi ed enormi investimenti anche a livello di energia psichica. Ne discendono istituzioni che, schiave dell’abitudine e della tradizione, perdono in pochi anni le chiavi del mondo che le circonda. Da qualche decennio, una o più identità patologiche nuove sono descritte ogni mese. Un medico che abbia discusso la sua tesi nel 1968 e non abbia successivamente aggiornato le sue conoscenze, sarà all’oscuro di un gran numero di malattie tra le quali alcune con complicazioni concettuali e terapeutiche importanti (J. Dormont e Y.F. Del Frassi, 1991). La scoperta di nuove malattie, le più diverse, è in stretto rapporto con una quantità enorme di supporti medici forniti al mercato. Nonostante ciò, rispetto al passato, maggiore diventa la richiesta di salute, cura, guarigione. L’idea, che si possa ridurre la “malattia” espandendo tali supporti si è rilevata illusoria. Il Governo Italiano per ridurre i costi della spesa sanitaria ha approntato Leggi di Riforma che hanno mutato il fulcro organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.). Con l’entrata in vigore del D.L. 502/1992 è venuta infatti a spezzarsi quella identità tra soggetto detentore dei fondi e soggetto produttore, tendenzialmente esclusivo, dei servizi che aveva caratterizzato la legge istitutiva del S.S.N. (L. 833/1978). Una circostanza che aveva portato l’unico soggetto ad utilizzare i fondi più per automantenersi che per produrre servizi migliori a migliori costi. Così, si era finito per pagare l’organizzazione, non il prodotto. La riforma del S.S.N. ha creato “un sistema misto nel quale gli erogatori competono per fornire servizi ai committenti”, introducendo il principio della libertà di scelta dell’assistito tra pubblico e privato su un piano di “par condicio”. L’obiettivo perseguito è quello di favorire l’instaurarsi di un regime di concorrenza tra strutture pubbliche e private – logica conseguenza dell’aziendalizzazione – attraverso il quale risulti più agevole il processo di miglioramento dell’efficienza ed economicità del S.S.N. Le strutture sanitarie private non sono più considerate in un’ottica di sussidiarietà rispetto a quelle pubbliche, ma come una possibile alternativa a queste ultime se ed in quanto dotate, sulla base di quanto disposto dall’art. 8 del D.L. 502/1992, dai requisiti tecnologici, strutturali, professionali e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio dell’attività sanitaria. Educare alla salute, in un contesto medico così variegato, diventa essenziale ed indispensabile per preparare l’utente del S.S.N. a rispondere ai suoi bisogni di cura e guarigione. Il cittadino sempre più deve essere in grado di districarsi tra le innumerevoli offerte pubbliche e private. Scopo dell’educazione alla salute sarà aiutare le persone singole e la comunità locale nel suo complesso ad essere sempre più capace di autotutela. Tale sforzo si configurerà come attività permanente di informazione e formazione dei cittadini, teso ad accrescere nei diversi scenari sociali la capacità di autotutela e quella di ricorrere in modo pertinente e critico, ai servizi di etero-tutela, quando le situazioni non siano affrontabili e risolvibili senza l’entrata in campo di potestà politico-istituzionali e di competenze tecnico-professionali (S.Beccastrini e Coll., 1991). La continua identificazione – con relativa prevenzione e cura – da parte della comunità scientifica di nuove patologie, è indice di situazioni ambientali, alimentari e relazionali condizionate da squilibri entropici che, troppo spesso, allontanano il benessere e riducono la qualità della vita. L’aumento poi della spesa sanitaria della collettività impone un’attenta valutazione delle strategie utilizzate fino ad oggi. Le numerose misure recentemente adottate dagli stati dell’Europa, nel quadro della loro politica sanitaria, sono il riflesso di questa preoccupazione. In campo sanitario il riorientamento avvenuto in questi ultimi tempi in Europa è caratterizzato dal cedere il passo della medicina terapeutica, alla medicina preventiva e alla educazione alla salute . Inoltre la medicina che pratichiamo costa cara e non abbiamo più’ i mezzi per continuare a pagarla e sovente lascia tutti insoddisfatti: pazienti, medici e governo. Questo vale sia per gli U.S.A che per l’Europa, sebbene ci siano sistemi sanitari diversi, che hanno in comune lo stesso tipo di medicina. Attualmente ben poco denaro viene investito per la salute: quasi tutto va alla malattia. Se il problema è la medicina per la malattia, la soluzione sarà la medicina per la salute? La medicina per la salute cura le cause della malattia e la previene (H.R.Wulff e Coll.,1995). Bisogna mettere l’accento sulla salute? Questa ipotesi di soluzione è congruente ed attraente. Perchè le autorità non la mettono in pratica? Perchè fanno addirittura il contrario? Forse che i due protagonisti del sistema, medico e paziente, hanno accettato di diventare spettatori delegando il loro potere? Il paziente ha ceduto il potere finanziario agli enti di assistenza, in nome della sicurezza ed il medico ha ceduto il potere terapeutico alle istituzioni, in nome della protezione? Questa sicurezza e questa protezione appartengono alla sfera del reale o sono miraggi? Considerarli realtà esercita un effetto perverso: gli attori diventano spettatori, prigionieri di un sistema finalizzato alla malattia. Visto che questo sistema permane e che pazienti, medici e governi sono insoddisfatti, ci sarà qualcuno che è contento. Chi ha creato questo sistema e lo mantiene in vigore? Bisogna che i due principali protagonisti del sistema medico e paziente, riprendano il rispettivo potere: il paziente il potere finanziario, il medico quello terapeutico. Chi ha maggiori possibilità di cambiare le cose è il paziente, colui che domanda, la ragion d’essere del sistema. Riuscirà ad impadronirsi del suo ruolo e a riprendere il potere sulla salute ed esercitare la sovranità che gli spetta? Il medico riconoscerà il ruolo del cliente e l’aiuterà ad esercitarlo? Solo così si potrà osservare, documentare, riflettere e comunicare sull’ auto-salute (G. Lanctot, 1998). L’ educazione alla salute può diventare una risposta adeguata a questi interrogativi. La progettazione territoriale di percorsi, per categorie specifiche o per tutti, per la promozione alla salute dovrà realizzarsi attraverso modelli di ricerca, tra i quali la ricerca-azione, che cerchino di definire sia eventuali tappe sequenziali che reticoli organizzativi, mappe concettuali, ecc. Questa ricerca vuole provvisoriamente individuare i problemi di salute pubblica e di definire ipotesi di soluzione, a livello territoriale: ” il Dipartimento di Prevenzione dell’ A.S.L., il Medico di base e la Scuola, integrando la loro azione continuativa, possono contribuire al benessere ed alla qualità della vita dei cittadini del territorio in cui operano, solo attraverso percorsi educativi condivisi” (cap.1°); di identificare i soggetti ed i concetti (integrazione, educazione, azione continuativa, ecc. che interagendo rendono possibile la sistematizzazione della progettazione di percorsi di educazione alla salute (cap.2); di individuare strategie atte ad analizzare qualitativamente e quantitativamente i bisogni, in termine di educazione alla salute, di uno specifico territorio (cap 3°); di individuare strumenti e risorse (conoscenze, competenze, ambiente, risorse educative, servizi amministrativi, leggi specifiche, ecc.) che favoriscano il perseguimento a livello territoriale degli obiettivi di educazione alla salute e gli ostacoli che rendono difficoltoso il progettuale percorso educativo (cap.4°); di definire scegliere, perseguire, verificare e valutare gli obiettivi progettati: co-scegliere le mete-obiettivo, a livelli e settori interni ed esterni del progetto, è già promuovere la salute dei cittadini, siano essi prestatori od utenti del progetto, dei percorsi d’educazione alla salute (cap.5°); di definire i contenuti, i metodi e le tecniche del progetto territoriale per la promozione della salute considerando diversi orientamenti (cap.6°); di valutare i percorsi progettuali proposti (cap. 7°).
PRIMO CAPITOLODA UNA SITUAZIONE PROBLEMATICA ALLA DEFINIZIONE DELL’ IPOTESI. |
Gli squilibri del vivere umano cronosferico, ci interrogano sulle possibilità reali d’educare l’umanità contemporanea alla tutela della propria salute. Per educare alla salute in modo efficace è utile, attraverso le categorie circostanziali – quando, che, dove, con quali azioni, con quali strumenti, come, con quali risorse qualitative e quantitative, per quali assiomi, principi, motivazioni, per raggiungere quali risultati (De Gregori, 1979) – costruire percorsi educativi per auto-tutelare la salute, considerando che la medicina contemporanea (ufficiale e non) ed il S.S.N. appaiono come un intricato labirinto in cui è difficile muoversi per prevenire e curare le malattie. Dall’osservazione di quanto nelle diverse A.S.L. (Azienda Sanitaria Locale) si attua per l’educazione alla salute, si può concludere che non si ritiene prioritario promuovere iniziative pedagogiche rivolte alla conservazione della salute, anche se le leggi di riforma del S.S.N., considerano l’educazione alla salute aspetto primario. Negli ultimi decreti di Riforma non viene più citata l’educazione alla salute (Legge 833 art.14), ma con il D.L. 229/1999, vengono istituiti i dipartimenti dei prevenzione (D.L. 229/1999 art.7bis, ter, quater, octies ). Il Dipartimento di Prevenzione è struttura operativa dell’Azienda U.S.L., istituita ed organizzata da ciascuna regione allo scopo di: – garantire la tutela della salute collettiva; – perseguire obiettivi di promozione alla salute; – agire per la prevenzione delle malattie e delle disabilità; – operare per il miglioramento della qualità della vita. A tal fine il Dipartimento di Prevenzione promuove azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana ed animale garantendo diverse funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica tra cui l’attività di promozione della salute e di prevenzione delle malattie cronico-degenerative in collaborazione con gli altri servizi e dipartimenti aziendali. Nello svolgere le sue funzioni il Dipartimento di Prevenzione promuove iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell’A.S.L. e delle aziende ospedaliere. Il Dipartimento di Prevenzione ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità. Il Direttore del dipartimento è scelto dal direttore generale tra i dirigenti con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione dell’A.S.L. del perseguimento degli obiettivi aziendali dell’assetto organizzativo e della gestione, in relazione alle risorse assegnate. Nell’art. 7 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, octies del D.L. 229/1999, il concetto “tutela della salute” compare ben quattro volte; due volte è citata la “promozione della salute”, come obiettivo da perseguire ed attività da svolgere da parte del dipartimento di prevenzione, per migliorare la qualità della vita. Appare evidente il salto di qualità fatto dal punto di vista legislativo: il D.L. 229/1999 concretizza la legge 833 del 1978. L’applicazione della 833 in tema d’educazione alla salute ha avuto all’inizio della sua emanazione uno sviluppo entusiastico. Oggi, a distanza di due decenni, l’educazione alla salute segna il passo, anche se numerose iniziative in tal senso vengono promosse a livelli diversi. Quale potrà essere nel prossimo futuro lo sviluppo dell’educazione alla salute con l’istituzione del Dipartimento di Prevenzione ? La promozione e la tutela della salute in che modo verranno attuate dai dipartimenti di prevenzione che concretizzeranno nel territorio di loro competenza l’educazione alla salute? Ad oggi tutte le A.S.L. hanno prodotto la loro Carta dei Servizi divulgandola tra gli abitanti del loro territorio, al fine di permettere agli utenti d’orientarsi nei servizi dell’A.S.L.. Da parte di alcune A.S.L. vengono pubblicate riviste finalizzate a promuovere una corretta informazione alimentare. Prolificano iniziative sull’alimentazione, sulle tossicodipendenze, ecc. I media producono quotidianamente o settimanalmente programmi orientativi in tema di salute. Istituzioni universitarie e territoriali attivano corsi di formazione per insegnanti e formatori. Molte iniziative, ma chi le documenta? Chi si occupa di far circolare la documentazione? La Scuola nei diversi gradi dell’istruzione ha operato nel tema in questione, quasi sempre isolatamente senza coinvolgere gli altri soggetti istituzionali del territorio in cui è inserita; sovente ha progettato e realizzato come unico referente istituzionale ineducazione alla salute. La sua azione è stata però, continuativa. In molti Circoli didattici, Scuole medie inferiori e Scuole medie superiori, gli insegnanti referenti all’educazione alla salute, con la loro azione continuativa hanno stimolato l’attivazione di percorsi educativi favorevoli alla promozione di un ambiente educativo basato sul benessere. Le attività teatrali, i laboratori di lettura, la formazione dei genitori, ecc., sono attività nate da progetti di educazione alla salute. Nella scuola, l’attenzione ad una progettualità continuativa ha permesso, anche tramite la direttiva del Ministro della Pubblica Istruzione del 23 settembre 1996 n.600, d’individuare la necessità di valutare gli interventi precedentemente attivati (il Progetto Arcobaleno per la scuola materna, Progetto Giovani 2000 e Attività giovanili, Centri di informazione e consulenza, il Progetto genitori, corsi di aggiornamento per i Docenti della scuola dell’obbligo). La circolare n.9454/A.1 del 9 dicembre 1999 del Ministero della Pubblica Istruzione che esplicita la direttiva ministeriale n. 292 del 3 dicembre 1999 considera centrale che i progetti di educazione alla salute si realizzino in modo continuativo e strutturale attraverso programmi che si avvalgono degli strumenti ordinari dell’attività scolastica e mediante un’azione concertata e condivisa con le agenzie socio-sanitarie del territorio. Questi elementi devono essere considerati nei diversi progetti che la circolare elenca: Progetto studentesse e studenti; centri d’informazione e consulenza; Progetto famiglia; Progetto formazione; Programma di ricerca e intervento per prevenire e ridurre fenomeni di dipendenza, devianza e psicopatologia nella scuola; Progetto finalizzato a stimolare gli adolescenti a rimuovere comportamenti a rischio mediante l’uso di nuove tecnologie della comunicazione; Prevenzione primaria delle tossicodipendenze. Alle scuole compete la traduzione di queste proposte in un progetto educativo-didattico adeguato alle esigenze locali e alle risorse disponibili e condiviso con altri soggetti significativi, istituzionali e del privato sociale, presenti sul territorio. Questi progetti devono coinvolgere gli Organi Collegiali delle scuole di ogni ordine e grado, nell’esercizio dell’autonomia, promuovendo il più’ ampio coinvolgimento degli alunni e delle loro famiglie. I progetti devono contenere i seguenti elementi: – individuazione e analisi dei bisogni formativi degli studenti, anche secondo un criterio di valorizzazione delle diversità di genere, di cultura, di competenze; – essere esplicitati anche in termini operativi; – identificazione di specifiche tematiche connesse ai problemi della salute, che tengano conto delle direttive e degli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea, da approfondire nell’ambito delle diverse discipline d’insegnamento e delle attività extra-curriculari; – le risorse professionali da utilizzare; – le metodologie di lavoro; – i tempi di svolgimento delle attività; – le modalità e gli strumenti di verifica e di valutazione; – il preventivo di spesa. L’ istituzione scolastica dovrà attivare percorsi ed obiettivi continuativi a cui secondo la direttiva ministeriale 292/1999 possono fare riferimento numerosi cittadini. Nella circolare si fa, inoltre, esplicito riferimento alla necessità di coinvolgere gli altri “soggetti significativi” anche, ma non solo, l’A.S.L.. Sinora infatti sistematici e olistici percorsi educativi territoriali, finalizzati alla conversazione della salute della popolazione non trovano riscontro nelle azioni dei diversi sistemi sociali (Gandolfo, Bruera, 1984) che interagiscono tra loro per promuovere il benessere e la qualità della vita dei cittadini. La relazione tra A.S.L. e Istituzione scolastica non ha quasi mai presentato caratteristiche d’integrazione. I due enti svolgono le loro specifiche funzioni stabilendo relazioni per quanto concerne vaccinazioni o interventi profilattici in particolari situazioni di emergenza e realizzano interventi informativi, che coinvolgono i professionisti dei due soggetti istituzionali. Progetti d’educazione alla salute, adeguati alle esigenze locali, condivisi da Scuola e Sanità, sono difficilmente collocabili nello spazio e nel tempo passato. Senz’altro vi sono stati dei tentativi d’integrare l’azione dei due soggetti istituzionali riferiti ad alcuni obiettivi specifici, ma la progettazione continuativa di percorsi educativi per accrescere il benessere e la qualità della vita dei cittadini non è ancora un modo usuale di procedere nel nostro territorio nazionale. Un progetto d’educazione alla salute, di prevenzione primaria o secondaria, inserito in uno specifico ambito territoriale e integrato tra Scuola ed A.S.L. non può non avere nei suoi attori principali gli insegnanti ed i medici . Nell’istituzione scolastica l’insegnante ha un rapporto continuo nel tempo con un numero definito di alunni e di famiglie. Nell’A.S.L. chi svolge un’azione continuativa, molto più duratura nel tempo di quella della scuola nei confronti dei cittadini, è il medico di base, il medico di famiglia. Quindi non è possibile parlare concretamente di percorsi educativi territoriali di educazione alla salute ignorando il contributo del medico di base. Nell’A.S.L. vi dovrebbe essere stretta relazione tra Dipartimento di Prevenzione e l’assistenza sanitaria territoriale. In concreto i medici di base sono maggiormente relati con l’assistenza ospedaliera. Il modello organizzativo dell’A.S.L., attualmente, eroga l’assistenza sanitaria attraverso i distretti sanitari di base, i dipartimenti di prevenzione, i presidi ospedalieri. Stabilire una stretta sinergia tra queste tre strutture produrrà risultati funzionali alla tutela e promozione della salute dei cittadini. Se oggi i medici di base sono maggiormente relati con i presidi ospedalieri e le aziende ospedaliere è perchè sono soprattutto proiettati sulla “cura” e non sulla “prevenzione”. Ma questo non esclude, e lo spirito del D.L.: 229 lo conferma, che lo sguardo del medico di base debba volgersi in egual modo al Dipartimento di prevenzione ed ai presidi ospedalieri. Si tratterà, e si tratta già ora nella forma, di una svolta epocale. Il Dipartimento di prevenzione promuove salute oltre che tutelarla, quindi il S.S.N. non sarà solo più’ orientato a guarire, curare, ma soprattutto a prevenire. “La prevenzione deve avere grande diffusione trasformandosi di volta in volta in progetto educativo sin dalla scuola materna, in campagna pubblicitaria, in interventi diretti sulla qualità degli alimenti, delle acque, dell’aria, del lavoro manuale. Solo prevenendo si risparmia denaro”(Cornaglia Ferraris, 1999). Quale può esser il ruolo del medico di famiglia nei percorsi educativo-territoriali per “l’ educazione” alla salute, dei cittadini? Gli insegnanti non possono avere da soli le carte in regola per attivare correttamente e compiutamente percorsi di educazione alla salute anche se l’art. 104 del D.P.R. 309190, ora ribadito dalla Legge 45199, affida al Ministero della Pubblica Istruzione ed alla Scuola due funzioni principali in ordine all’educazione alla salute e alla prevenzione delle dipendenze patologiche: quella informativa e quella educativa. Affidare solo alla Scuola l’allestimento di progetti d’educazione alla salute non risponde ad una presa d’atto dell’impossibilità e della capacità del S.S.N. di occuparsi d’educazione alla salute? I dipartimenti di prevenzione hanno l’obbligo di promuovere salute nel territorio in cui operano, quindi devono poter “coordinare” anche i progetti di educazione alla salute nei diversi ambiti sociali, compresa la scuola. Per la Teoria dell’Organizzazione Umana (A.R.Muller,1946) la salute è la meta che la medicina deve perseguire in ogni ambiente sociale: familiare, commerciale, produttivo, scolastico, militare, artistico,…. Il medico di base si pone come anello di congiunzione tra il cittadino ed i servizi sanitari. Il medico di famiglia può svolgere, e già sovente svolge, una funzione centrale e proficua non solo nella prevenzione primaria, ma anche nell’educazione alla salute. I percorsi educativi territoriali che considerano olisticamente tutti gli elementi utili a raggiungere il fine dell’educazione alla salute, non possono non considerare come centrale il rapporto tra medico e paziente, un rapporto che si è un po’ deteriorato anche a causa del linguaggio, del livello di comunicazione e di informazione. E’ questo un nodo che si scioglierà solamente risolvendo i problemi di comunicazione e di informazione che i due soggetti hanno avuto, hanno e potranno continuare ad avere. Il paziente oggi è maggiormente autonomo ed autodeterminato e sovente s’oppone al paternalismo del medico che non può più decidere per lui. Anche nel Codice Deontologico all’art. 21 si afferma che ogni attività diagnostica e terapeutica non può essere lecitamente intrapresa senza una manifestazione inequivoca della volontà del paziente debitamente informato. le informazioni devono essere fornite dal medico in forma personalizzata e non burocratica. Per comprendere quanto è fondamentale oggi il comunicare, si è dovuti arrivare al “caso Di Bella” quando la gente ha dimostrato dalla piazza la sfiducia nella medicina ufficiale. Alla fine della sperimentazione della terapia Di Bella si è capito però l’importanza del “consenso informato”: metà dei pazienti intervistati in tredici reparti oncologici italiani durante la campagna Di Bella non avevano discusso la terapia con il loro oncologo e quelli che lo avevano fatto, si sono rivelati meno sensibili all’appeal di Di Bella (M. Panara,1999). D’altra parte una delle spiegazioni che si dà al successo delle medicine alternative, alle quali si accostano milioni di italiani, è il colloquio, il tempo che viene dedicato al paziente. Infatti chi pratica medicine non scientifiche, sovente ha la capacità di “ascoltare” il paziente e dedicare più’ tempo alla soluzione empirica e suggestivo-magica dei suoi problemi che non sono soltanto organici, ma anche psicologici, esistenziali, familiari e sociali (R. B. Taylor,1997). Il colloquio clinico può essere, allora, il tempo, il luogo e lo strumento che permette al medico, al medico generico, di base o di famiglia, di educare alla salute i suoi pazienti? Il colloquio clinico, come la conversazione clinica, sono oggi strumenti utilizzati sistematicamente sia per la formazione dell’individuo che dei gruppi. Rappresenta pure un metodo pedagogico (colloquio educativo) corrispondente ad una pedagogia della persuasione e dell’anticostrizione, parimenti distante dall’adultismo e dall’abbandono o da un non sufficiente interessamento (pedagogia non direttiva). Perchè si possa parlare di vero e proprio metodo del colloquio (educativo) occorre che esso risponda a determinati principi tecnici e a certe condizioni di svolgimento e di attuazione – preparazione del colloquio da parte dell’ educatore nel senso che egli deve riepilogare il caso, riflettere sui problemi attuali dell’interlocutore, ricordare il contenuto dei colloqui precedenti, ecc., assunzione di un atteggiamento di partecipazione alla situazione dell’educando per giungere alla vera e propria entropatia; rispetto e lealtà verso l’educando; successione di contenuti che vadano dai meno ai più impegnativi, … – (Bertolini,1996). Prendendo in esame l’insieme della popolazione si deve ammettere che sono i giovani studenti a costituire il gruppo di età suscettibile di adattarsi e di rispondere più’ facilmente all’educazione alla salute. Questa è anche la ragione per cui il Consiglio d’Europa ha considerato prioritario l’elaborazione di una raccomandazione incentrata sull’educazione alla salute nella scuola. Ma l’educazione alla salute, in quanto tale, concerne i gruppi di tutte le età e costituisce uno degli elementi della formazione continua che è diventata un obiettivo essenziale per tutte le società. Pur occupandosi la scuola di educazione alla salute non possiamo a priori escludere che altri soggetti altrettanto importanti operino in tal senso. Il medico di base ed il pediatra possono curare per guarire, ma anche istruire, consigliare ed educare, ovvero suscitare atteggiamenti e comportamenti sani basati su conoscenze adeguate. L’insegnante ed il medico di base svolgono la loro professione, in particolare, attraverso il sistema di comunicazione con gli alunni e con il paziente. Il primo si relaziona ad un gruppo, il secondo ad un singolo. Nella scuola si opera quasi esclusivamente con gruppi di scolari; il medico non si relaziona quasi mai con gruppi di suoi pazienti. Sarebbe assurdo pensare che la funzione dell’educare sia propria della scuola in quanto raggiunge un gruppo e non del medico in quanto si avvale principalmente di un rapporto individuale, con i suoi “clienti”. Nel gruppo poi l’attenzione è rivolta anche ad ogni singolo componente. L’educazione è un’ arte che a volte gli stessi insegnanti non hanno, e sta al di là dell’individuo e del gruppo ed è possibile ad ogni età. Progettare percorsi educativi alla salute comporta, in un determinato territorio, A.S.L. o Distretto Sanitario di base, lo integrare l’azione preventiva esplicita ed implicita dei diversi “soggetti significativi” che operano nella realtà. L’integrazione non è un fenomeno naturale o spontaneo, ma il risultato di un processo culturale che va , provocato, organizzato, realizzato e documentato. Quindi, il Dipartimento di Prevenzione dell’A.S.L., con il Medico di base e la Scuola, integrando la loro azione continuativa, possono contribuire al benessere ed alla qualità della vita dei cittadini del territorio in cui operano, solo attraverso percorsi educativi condivisi.
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SECONDO CAPITOLO DEFINIRE I TERMINI DELL’IPOTESI PER PROGETTARE PERCORSI DI EDUCAZIONE ALLA SALUTE.
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Ogni progetto è un piano d’azione (un’intenzione) che richiede, oltre alla capacità di fare ipotesi sul futuro in base al passato ed al presente e di non cadere in una rigida predeterminazione del percorso, la definizione della terminologia che si utilizza. Definire i termini è indispensabile, soprattutto quando partecipano alla progettazione professionalità provenienti da specializzazioni particolari. Il termine in senso lato indica una parola particolarmente appropriata a designare un certo concetto (Bertolini, 1996). Proporre la definizione dei diversi concetti dell’ipotesi che si sta sviluppando è voler procedere affinchè i suoi significati siano espliciti e maggiore possa essere la comprensione di ciò che si sta elaborando. Obiettivo centrale di questa ricerca è definire come integrare l’azione continuativa del dipartimento di prevenzione, del medico di base, della scuola e delle altre agenzie per promuovere la salute dei cittadini di un territorio…. Se l’integrazione è il risultato di un processo culturale, bisogna innanzitutto che i medici e gli insegnanti si interroghino su cosa significhi integrare la loro azione continuativa per educare alla salute i cittadini e di conseguenza riescano a progettare dei percorsi educativi in cui interagiscono diversi sistemi sociali, solitamente anche al loro interno restii all’ integrazione tra i diversi livelli che li compongono. Le loro azioni continuative hanno la possibilità di orientare i comportamenti dei clienti di riferimento, infatti sia il medico di base che l’insegnante vivono quotidianamente per diverse ore, con i loro clienti stabilendo relazioni costanti nel tempo; i docenti più’ dei sanitari , inoltre, vivono con i loro “utenti” una relazione maggiormente densa anche se limitata a particolari periodi della vita dei loro alunni. Azione continuativa dell’insegnante sarà mediare le istanze dei programmi e partendo da ciò che i ragazzi pensano e conoscono costruire con loro percorsi individuali di conoscenza. Se l’educazione è soprattutto un incontro di un soggetto con un altro (Assagioli, 1973) è importante sia cosa s’insegna che come s’insegna, infatti nella scuola l’educazione, anche l’educazione alla salute, può essere di tipo formale ed informale, teorica e pratica. L’educazione informale a volte, poi, è maggiormente determinata dalle relazioni che i ragazzi ed i giovani hanno con i loro coetanei che dai comportamenti dei loro insegnanti. Il programma di educazione alla salute ” informale ” costituisce un’ occasione educativa più efficace di qualsiasi circostanza “formale” . L’educazione di tipo formale è propria dei docenti i quali hanno il compito di programmare informazioni miranti a dare consapevolezza delle responsabilità individuali e sociali e delle possibilità tecniche e politiche di operare trasformazioni finalizzate al progressivo accrescimento di uno stato di benessere per tutti. L’educazione alla salute permette ai giovani di acquisire atteggiamenti e comportamenti positivi nei confronti della loro salute oltre alla conoscenza e alle capacità necessarie per prendere delle decisioni in tutta libertà. Il modello da adottare da parte degli insegnanti per realizzare la “educazione alla salute” può essere quello della risoluzione dei problemi, il quale consiste essenzialmente nelle seguenti operazioni: – traduzione del bisogno in problema; – diagnosi del problema; – ricerca e localizzazione delle informazioni; – adattamento dell’innovazione; – sperimentazione; – valutazione della sperimentazione dal punto di vista del soddisfacimento Il problem solving, ad esempio, in quanto tecnica, è una serie di stadi da superare, ma dal punto di vista epistemologico richiede che gli insegnanti capovolgano il loro modo d’essere nello svolgere la professione docente in ogni ordine di scuola. Si tratta di progettare e realizzare una scuola centrata sull’alunno. L’alunno diventa il referente ed il criterio dell’elaborazione culturale e pedagogica della scuola e anche della ridefinizione specificatamente professionale dei suoi operatori. La centralità dell’alunno diventa presupposto di una reale efficacia esterna dell’istituzione scolastica, perchè naturalmente si rivolge ai ed interagisce con i diversi contesti di vita e di formazione dell’alunno, la famiglia ed il territorio sociale nel quale vive (Dell’Aquila, 1985). L’assunzione dell’alunno come riferimento reale all’interno della scuola non può essere ritenuto un fatto soggettivistico o meramente volontaristico, diventa reale solo attraverso un processo di profonda ridefinizione professionale degli operatori della scuola, realizzabile non semplicisticamente o illuministicamente, ma attraverso un percorso complesso e a suo modo anche sofisticato, attraverso il quale e grazie al quale le funzioni professionali che si svolgono nella scuola – docente e dirigente – e il modello di scuola nel quale tali funzioni si sono professionalmente definite vengono sottoposte a un cambiamento elaborato e progettato dagli stessi destinatari del cambiamento. Oggi nel campo dell’ educazione alla salute nelle scuole, oltre il programma formale ed il programma informale agisce pure il programma parallelo che è l’ insieme dei valori e delle credenze trasmesse dalla famiglia, dalle associazioni e dalla comunità in generale. Infatti i responsabili dell’educazione alla salute vanno ricercati non solo nelle sedi tradizionali, famiglia e scuola, ma in tutti coloro che vengono direttamente o indirettamente rivestiti di funzioni educative o educazionali nel complesso sistema socio-culturale che caratterizza la vita delle nostre collettività. Vi sono responsabili naturali (la famiglia e l’ambiente prossimo) e responsabili delegati (la scuola e le altre agenzie con finalità educative-formative), fortemente recepiti come tali dalla comunità Inoltre uguale responsabilità incombe su operatori di istituzioni o agenzie non sempre coscienti del loro ruolo e non sempre all’altezza della funzione sociale che in realtà esercitano nei confronti della persona e dei gruppi ( mass-media in generale e tutto quell’insieme di agenti socio-culturali – di cui sono parte anche le strutture sanitarie – che nel loro complesso costituiscono quella che viene chiamata anche scuola parallela o scuola alternativa ). Per opera dei mezzi di comunicazione di massa l’educazione non strutturata in istituzioni preposte specificatamente a questo scopo ha occupato enormi spazi nella società e costringe la scuola a fare i conti con essa. Oggi ci troviamo a vivere in uno spazio di significato che si sovrappone a quello naturale della nostra esistenza materiale: abitiamo un’ecosfera e contemporaneamente una semiosfera, cioè un ambiente denso di significati che si caratterizza per la sua perversità – non se ne può uscire; si tratta di un continuum significativo composto dalle nostre relazioni interpersonali, dai mezzi di comunicazione, dalle informazioni, dalla musica, dai negozi, dalle architetture, dai cibi, dai vestiti, ecc. – tutti questi aspetti dell’esistenza determinano relazioni e producono senso, contribuiscono dunque, in modi diversi e non ancora completamente chiari, a formare la persona. Chi insegna oggi si trova quindi ad operare nello spazio aperto tra educazione informale e parallela, pervasiva, libera, autodiretta e l’educazione formale, con i suoi spazi ed i suoi tempi, non autonoma, eterodiretta. L’educazione formale, situata nell’educazione continuativa dell’insegnante con i suoi alunni, in questo periodo si trova ad affrontare quella che sente come una concorrenza da parte di quella informale e parallela. E’ importante che la scuola s’interroghi su questi cambiamenti nel sistema comunicativo ponendosi la domanda: cosa significa prendere atto che tutto il sistema dell’informazione si è modificato? C’è qualcosa di peculiare dell’educazione formale che quella informale e parallela non arriva a dare? Che cosa? E che cosa si può fare per salvare questa specificità? Come hanno fatto tutti gli altri mezzi quando il sistema è cambiato, anche la scuola deve probabilmente trovare una nuova collocazione nel sistema stesso; in questo modo contribuirà, inoltre, con più incisività, alla promozione della salute dei suoi clienti L’azione continuativa del medico di famiglia s’innesta nel bisogno pubblico di una cura della salute personale ed è rappresentata dall’assistenza medico generica in cui avvengono: visite mediche ambulatoriali o domiciliari, prescrizioni di farmaci, prescrizioni di visite e prestazioni specialistiche, certificati di riammissione a scuola, certificati di malattia, ecc. Diversamente dall’insegnante il medico di base proietta la sua azione sull’ assistenza sanitaria, svolge compiti burocratici e a prima vista sembra lontano dallo svolgere e poter svolgere un’azione educativa nei confronti dei suoi clienti siano essi giovani od adulti. In realtà nella relazione medico-cliente (giovane o adulto che sia) c’è la possibilità di stabilire un’eccellente e congruo incontro educativo; a questo forse la gran parte dei medici non è preparato, ma ciò non può escludere che d’incontro ed anche incontro-educativo si tratti. Il verbo incontrare infatti fa riferimento al trovarsi di fronte a qualcuno o a qualcosa che può essere sia ricercato e voluto, sia imprevisto e non voluto. In entrambi i casi esso ha una valenza educativa di notevole importanza (Bertolini, 1996). I medici di medicina generale sovente segnalano il disagio di trovarsi a trattare non con vere e proprie malattie, ma con segnali, parole, atteggiamenti, comportamenti dei pazienti. Se cercare di curare la paura di essere malati, l’ostinazione di non voler smettere di fumare, l’ambivalenza del volere star meglio senza cambiare realmente nulla nel proprio stile di vita, può essere frustrante, contemporaneamente evidenzia come il medico di base viva una particolare situazione temporale con il suo “paziente” in cui è possibile sistematizzare interventi educativi, d’educazione permanente e degli adulti, e non solo interventi assistenziali. Ogni intervento educativo è volto a fornire alle persone strumenti e mezzi idonei a renderla capace di apprendere durante tutta la vita. L’educazione, tutta compresa, anche quella nei confronti degli adulti, ha come scopo essenziale non la mera trasmissione della cultura tradizionale, ma il potenziamento delle attività creative individuali e la loro miglior utilizzazione. Educazione delle giovani generazioni, educazione degli adulti, educazione permanente possono diventare il nucleo delle azioni continuative degli insegnanti e dei medici, a condizione che questi riescano a recuperare un modo integrato di vivere e riportarlo nelle loro azioni continuative, nell’ambulatorio, nelle case dei pazienti, a scuola. L’integrazione è stata giustamente descritta e messa in evidenza come un impulso fondamentale e normale della personalità umana (Assagioli, 1973). Lo sviluppo di una personalità integrata non è prerogativa dell’uomo genio (Jung, 1956), ma di tutti coloro che esercitano una professione finalizzata a creare benessere negli altri. La formazione di una personalità ben organizzata, coesione in un tutto organico di corpo, natura emotiva e mente, fa degli individui ben adattati dentro di sè ed è il frutto non di sviluppo spontaneo, ma il risultato dell’uso di tecniche terapeutiche, educative e formative. In dinamica sociale l’integrazione comporta il considerare l’intervento delle istituzioni o /e delle agenzie come un contributo a rimembrare, secondo un disegno unitario, la frammentarietà delle singole competenze ed attività. Sia gli insegnanti che i medici affrontano il percorso d’integrazione solo grazie alla loro libera iniziativa, perchè i loro corsi di formazione universitaria non li hanno dotati di un tale bagaglio culturale . La formazione e l’aggiornamento degli operatori della scuola è quasi ininfluente sulla pratica professionale, non serve a ridefinirli professionalmente, sovente veicola l’idea che tale riconversione si è già realizzata, mentre in realtà essa è soltanto presupposta. Il modello formativo di riferimento di questo tipo di formazione e d’aggiornamento presenta un impianto implicito di tipo deduttivo ed una metodologia euristica ed espositiva fondata sull’ipotesi del passaggio dalla teoria alla pratica. Ciò dovrebbe produrre continui cambiamenti, ma il tutto non può essere verificato anche perchè è difficile prevedere una dimostrazione pratica standard (Dell’Aquila, 1998). La formazione del personale medico, essendo la medicina una scienza difficile da apprendere e difficile da insegnare, è complessa e complicata. Oggetto dell’ insegnamento è una persona che, attraverso la malattia, manifesta un bisogno o una sofferenza. Le persone non sono mai una uguale all’ altra, i bisogni e le malattie sono di conseguenza sempre diversi e si esprimono sempre in modo altrettanto diverso. Per quanti sforzi siano compiuti per classificare, ordinare e generalizzare, un bravo medico non è colui che sa a memoria tutto quanto è scritto sui libri, ma colui che diventa capace non solo di conoscere ciò che è importante, ma anche di interpretarlo e personalizzarlo su ciascun essere umano. Secondo una ricerca condotta negli USA molti degli universitari che insegnano medicina non hanno la bravura e la competenza che li identifichi “come modelli d’eccellenza” agli occhi degli studenti. Una delle ragioni di tale percezione negativa, da parte di chi apprende, è probabilmente legata a comportamenti che non hanno direttamente a che fare con le qualità tecniche, ma piuttosto con le qualità umane che sono ad esse associate. Infatti, i professori che curano l’insegnamento degli aspetti relazionali con i malati, enfatizzando il contesto psico-sociale nel quale il medico opera ed agisce, sono considerati esempi positivi ai quali riferirsi. In altre parole, da chi impara viene vissuto come un buon modello il medico che conosce bene la propria materia, ma che allo stesso tempo è capace di stare con il cliente facendosi carico del suo fardello di emozioni ( Ferraris-Cornaglia, 2000). Da quanto sopraddetto discende la necessità che l’insegnante ed il medico, si formino ad una comunicazione corretta, efficace e consapevole. Un progetto territoriale che coinvolga a livelli diversi il Dipartimento della prevenzione dell’ASL , il medico di base, la scuola, ecc. dovrà considerare prioritario un percorso formativo per lo sviluppo dell’integrazione negli stessi prestatori e non solo individuare iniziative e programmi per i cosiddetti utenti dell’educazione alla salute. Comunicare con studenti e genitori, con malati veri e presunti richiede una sensibilità individuale che certamente è dote naturale, ma che dovrebbe anche essere oggetto di specifico apprendimento. Ancora oggi invece la scienza del comunicare in medicina è totalmente ignota e gli stessi insegnanti continuano a porre molta più attenzione a ciò che devono dire che all’arte di ascoltare e di decodificare i messaggi. I criteri con cui vengono selezionati non tengono conto delle competenze relazionali, ma valutano solamente i contenuti e la conoscenza di specifiche discipline che un giorno si andrà ad insegnare. Numerosi sono i testi autorevoli che sottolineano l’importanza terapeutica della comunicazione, a partire anche dalla specificità della professionalità medica. Acquisire abilità comunicative o abilità di counseling, non significa abdicare al mestiere di medico; non significa rivestire i panni di qualcun’ altro, psicologo, psicoanalista o mago che sia. Significa, come fin dall’inizio si è cercato di dire, utilizzare fino in fondo il ruolo di medico, le competenze e le abilità professionali. Anche il medico di base può essere autorevole, se sa utilizzare bene se stesso, il suo mestiere e la sua parola. Se sa comunicare in modo consapevole (Bert e Quadrino,1989). Nel colloquio-incontro avviene uno scambio comunicativo fra un medico ed un “paziente” caratterizzato da un’istanza di cambiamento. In ogni richiesta del paziente al medico è implicita una richiesta di cambiamento. Il medico che promuove la salute oltre che curare e guarire volutamente e consapevolmente può scegliere di intervenire nel processo decisionale del suo paziente per promuovere un cambiamento con l’obiettivo di un maggior benessere per il paziente stesso. Benessere in questo caso significa salute. L’incontro che viene messo in atto comporta: una relazione complementare (non alla pari, riconosciuta e accettata da entrambi i personaggi); un argomento condiviso (cioè l’accordo, implicito o esplicito, di parlare specificatamente di qualcosa); un riconoscimento di competenza (chi consiglia ha un’autorità riconosciuta da chi viene consigliato). L’incontro del medico e dell’insegnante con i clienti è un’ azione continuativa che può essere tempo e luogo principe d’educazione alla salute se entrambi riusciranno a ridefinire la loro professionalità in base ad un uso corretto della comunicazione. La comunicazione, le cui strutture base sono identiche in ogni ambito esistenziale, puo essere la via per una possibile integrazione, tra l’ azione dei medici e degli insegnanti nell’educare alla salute. Non sfugge a questa riflessione la diversità concettuale tra ciò che significa colloquio clinico e l’educazione alla salute in campo medico; il colloquio clinico si situa quasi sempre nella prevenzione secondaria, l’educazione alla salute accanto a quella primaria. Il medico di base agisce poco a livello primario e molto più a livello secondario, ma non possiamo escludere a priori che anche il medico di base possa sostenere, incentivare, promuovere ed educare alla salute, se integrato in una progettazione territoriale , quei ragazzi e giovani che segue come medico di famiglia o pediatra . Promuovere ed educare alla salute mette in gioco non solo la comunità scolastica e, in particolare, i suoi insegnanti con il servizio medico, ma anche la filosofia e lo stile di vita generale . “Educare alla salute” si estende alla comunità extra-scolastica e dovrà essere accuratamente coordinato con le politiche sanitarie e sociali locali. Perchè la promozione della salute risulti efficace è assolutamente necessario garantire l’integrazione in tutti gli aspetti della vita quotidiana e adottare misure concernenti non solo i giovani stessi, ma tutta la comunità . L’educazione alla salute è un progetto che riguarda la vita intera e che non deve considerarsi concluso con l’accesso al mondo adulto. Costruire in modo integrato un percorso d’educazione alla salute, per la popolazione o parte di popolazione, in uno specifico territorio, richiede da parte degli operatori della scuola e della sanità flessibilità, che è uno dei più grandi bisogni delle moderne organizzazioni, ed è strettamente connessa alla capacità di modificarsi non solo nel senso di star dietro ai cambiamenti, ma anche nel senso di saperli gestire e governare. Si potrebbe dire che per le grandi istituzioni sociali moderne l’imperativo è, oggi più che mai, cambiare – fronteggiando le grandi sfide tecnologiche, scientifiche, economiche e culturali – o perire. Nemmeno la scuola e l’A.S.L. possono eludere questa esigenza anche se, non essendo strutture produttive, ma di servizio, non hanno da fronteggiare , almeno in prima battuta, le drammatiche esigenze di sopravvivenza che hanno le aziende a contatto con la dura legge del mercato. Mentre nelle imprese la crisi si tocca con mano nel venir meno della produzione e delle vendite e dei profitti, la necrosi scolastica si deduce invece dal venir meno dell’interesse degli studenti e dal progressivo distacco e passività che questi sviluppano nei confronti dell’istituzione scolastica. La necrosi del sistema sanitario nazionale si deduce dal successo delle medicine alternative, alle quali si accostano circa cinque milioni di italiani (Marco Panara, 1999); dalla percezione che la gente ha dello sgretolamento di un rapporto fiduciario tra chi indossa i “camici” e chi invece è destinato solo ad “attendere con pazienza in pantofole e pigiama”. Tutto è precipitato con lo scoppio della Tangentopoli sanitaria. La medicina ufficiale delle mutue e degli ospedali, già lenta, pigra, inefficiente e cialtrona, è stata scoperta anche truffaldina e corrotta. Il rapporto fiduciario che sta alla base della comunicazione tra medico e paziente si è da allora pesantemente incrinato. Sono nati i venditori di aria fritta, è cresciuto il numero dei maghi (sono ben 12 mila) dei liberi pensatori alla Di Bella, qualche volta geni incompresi…… ( Ferraris Cornaglia, 1999). La perdita di credibilità e affidabilità è molto generalizzata, anche se, per fortuna , non ancora del tutto diffusa, poichè permangono qua e là le sacche di innovazione e creatività. Chi si occupa di formazione sa che il processo di apprendimento si mette in moto e procede efficacemente solo se quello che si studia appare, ed è, significativo per chi apprende , ovvero se l’allievo trova un senso in quello che impara. Sia la scuola che la sanità , nei loro rispettivi attori resistono al cambiamento necessario che la società impone. Il cambiamento mette di fronte a ciò che è sconosciuto , il quale proprio perchè tale fa paura; il rischio è di continuare a procedere, lavorare, in un impianto legislativo-organizzativo nuovo come il D.L. 229/99 per la sanità’ e il D.L. dell’ autonomia scolastica senza particolari modifiche sostanziali. Sia la scuola che la sanità con le loro ultime leggi di riforma possono con più agilità strutturare una progettazione autonoma rispondente ai bisogni della popolazione di riferimento, lavorare in modo integrato. Struttura privilegiata per procedere in modo integrato nella educazione alla salute e non solo, è, come già affermato nel precedente capitolo, il Dipartimento di prevenzione, istituito con il D.L. 229/99 al fine di concretizzare anche in termini strutturali ciò che le precedenti leggi di riforma del S.S.N. indicavano solamente nei loro orientamenti. Essendo una struttura dell’ASL opera anche in stretto raccordo con il Direttore Sanitario per l’organizzazione e la promozione, nel territorio di competenza, delle attività di prevenzione collettiva e tutela della salute della popolazione. Sue specifiche funzioni sono: 1) l’utilizzo delle risorse che dispone attraverso la gestione integrata degli spazi, delle risorse umane e strumentali anche attraverso la sperimentazione e l’adozione di modalità organizzative proprie; 2) garantire l’omogeneità degli interventi di prevenzione; 3) assicurare la qualità e l’efficacia degli interventi di prevenzione. Il Dipartimento di prevenzione: – svolge le sue funzioni attraverso la programmazione unitaria delle strategie e degli obiettivi complessivi di prevenzione collettiva e di sanità pubblica; – garantisce l’omogeneità degli interventi attraverso la promozione di un regolamento di igiene pubblica per tutto il territorio di competenza ; – omogeneizza i rapporti istituzionali con gli enti titolari di competenza interagenti con il dipartimento; – si raccorda costantemente con gli enti di gestione presenti sul territorio per realizzare interventi di prevenzione; – predispone interventi formativi con le associazioni di categoria presenti sul territorio; – individua i bisogni prioritari di salute che consentono la costruzione di immagini utili alla prevenzione; – valuta la qualità delle prestazioni effettuate; – definisce le metodologie di comunicazione nell’ambito della programmazione di campagne per la promozione e l’educazione alla salute; – forma ed aggiorna il personale per garantire risposte efficaci all’utenza. Ai quattro servizi (igiene e sanità pubblica, igiene degli alimenti e della nutrizione, prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, veterinario) è preposto un dirigente responsabile ed ogni servizio è dotato di un proprio organico di diversi profili professionali. Qualora si presentasse la necessità, aree dipartimentali potranno essere attivate, anche per periodi di tempo limitati su indicazione del direttore di dipartimento. Particolare rilevanza ha all’interno di questa struttura l’Unità Operativa non Autonoma di Epidemiologia. Il nuovo quadro di riferimento normativo ed il recente processo di “aziendalizzazione” del sistema sanitario fa assumere all’epidemiologia un ruolo importante nella vita delle nuove ASL, in quanto indispensabile alla formazione della base conoscitiva necessaria per una razionale ed equa collocazione delle risorse. La funzione epidemiologica parte essenziale di una rilettura della funzione di prevenzione e della capacità di valutare la qualità, l’efficacia, l’efficienza nell’offerta di prestazione, di prevenzione è lo strumento fondamentale per un’attenta conoscenza dello stato di salute della popolazione anche al fine di una più incisiva programmazione sanitaria. Sia le singole scuole che l’A.S.L. fruiscono oggi di livelli particolari d’ autonomia che possono permettere una più semplificata collaborazione tra le due agenzie territoriali, mirate a perseguire dettagliati percorsi educativi su particolari obiettivi, scelti con il contributo dell’unità operativa di epidemiologia, ma non solo. La circolare ministeriale 9454/A1 del 9 dicembre 1999 precisa che la direttiva ministeriale 292 del 3 dicembre 1999 invita le scuole ad includere nel loro piano dell’offerta formativa ed ad integrare nel loro territorio gli interventi per l’educazione alla salute. Il Dipartimento di Prevenzione che si raccorda costantemente con gli enti di gestione presenti sul territorio per realizzare interventi di prevenzione e predisporre interventi formativi con le associazioni di categoria può, diversamente dal passato, progettare, con la scuola, interventi d’educazione alla salute per rispondere meglio ai bisogni di salute del territorio in cui operano. Più sono chiari i bisogni di salute dei cittadini maggiormente sarà facile attivare un processo di promozione della salute che permetta agli individui ed alle comunità di accrescere il controllo sugli elementi determinanti della salute e quindi incrementare la propria salute. Promuovere salute si configura come concetto unificante per coloro che riconoscono la necessità di cambiare modi e condizioni di vita al fine di vivere meglio. Per la promozione della salute tra i giovani, si rende oggi necessario l’insegnamento delle strategie di vita come abilità generiche correlate alla vita di tutti i giorni: queste potrebbero costituire il fondamento del benessere mentale, di una sana interazione e di un sano comportamento. La ricerca indica che fornire queste abilità, come parte di programmi di strategie di vita ad ampia base, è un approccio efficace all’educazione alla prevenzione primaria. La scuola, in minima parte è in grado di procedere in tal senso. Qualcosa si sta muovendo. Alcuni istituti sostengono gli insegnanti che studiano e progettano percorsi formativi per “insegnare” gli alunni a “star bene con se stessi e con gli altri nel proprio ambiente”. Star bene con se stessi può significare: conoscere se stessi, autostimarsi, sviluppare l’autonomia, controllare le emozioni, gestire le frustrazioni, avere delle opinioni e dei valori, ecc. Star bene con gli altri invece significherà: confrontarsi; crescere nella fiducia; imparare a stare in gruppo; collaborare, gestire i conflitti, analizzare i messaggi dei mass-media, ecc. Le strategie di vita rendono gli individui capaci di tradurre conoscenze, attitudini e valori morali in abilità reali/pratiche cioè “cosa fare e come farlo”. Contribuiscono alla percezione dell’auto-efficienza, della fiducia in sè e dell’autostima. Le strategie di vita giocano inoltre un ruolo importante nella promozione del benessere mentale. La promozione del benessere mentale contribuisce alla motivazione di prendersi cura di noi stessi e degli altri, a prevenire disordini mentali e prevenire problemi di salute e di comportamento. Il metodo usato nell’insegnamento delle strategie di vita si fonda sulla conoscenza di come i giovani apprendono dalle proprie esperienze e dalle persone che li circondano, dall’osservazione del comportamento altrui e dalle conseguenze che ne derivano. Per la promozione della salute, l’educazione alle strategie di vita si basa sullo insegnamento di generiche abilità di vita ed include la pratica, l’esercizio delle abilità in rapporto ai problemi seri di salute e di relazione. Le lezioni di strategie di vita dovrebbero essere associate ad informazioni sulla salute ed anche ad altri approcci, come, ad esempio a programmi destinati ad ottenere cambiamenti nei fattori ambientali e sociali che influenzano la salute e lo sviluppo dei giovani.
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TERZO CAPITOLO CONOSCERE LO STATO DI SALUTE DEI CITTADINI DI UNO SPECIFICO TERRITORIO .
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Il Dipartimento di Prevenzione è la struttura dell’A.S.L. preposta all’organizzazione ed alla promozione, nel territorio di competenza, delle attività di prevenzione collettiva e tutela della salute della popolazione. Questa definizione del dipartimento mette in evidenza le sue caratteristiche peculiari; organizzare e promuovere la salute. Ciò lo deve realizzare in coordino con i distretti, i presidi ospedalieri, le aziende ospedaliere, con l’Arpa (agenzie regionali per l’ambiente), gli organismi paritetici previsti dal D.L. 626/94 in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro, gli istituti zooprofilattici sperimentali per attività di sanità pubblica veterinaria, ecc. Le singole scuole a loro volta devono, secondo le direttive del M.P.I. a cui spetta l’indicazione delle linee essenziali e dei criteri guida, tradurre i progetti educativi e didattici, adeguati alle esigenze locali, condivisi con altri soggetti significativi in una programmazione unitaria ed integrata al fine di sviluppare i medesimi obiettivi d’educazione alla salute in ambito locale. E’ quindi necessario, per iniziare una progettazione integrata, conoscere e considerare la reale possibilità d’interagire tra l’istituzione sanitaria e scolastica, anche a livello d’orientamento legislativo. Assodato quindi che – non solo il buon senso e le più moderne teorie dell’organizzazione richiedono l’intervento coordinato ed integrato di tutte le agenzie territoriali utili al raggiungimento delle mete predefinite – anche gli orientamenti legislativi spingono in tale prospettiva, è possibile procedere ad interrogarci su come le due entità possano definire e conoscere i bisogni dei cittadini per quanto riguarda la loro salute. La prima fase dell’elaborazione progettuale richiede l’identificazione del reale stato di salute di una comunità. Bisogna conoscere quali sono i bisogni identificabili di un territorio nella prospettiva di una nuova cultura della salute. Sono i bisogni che determinano ogni percorso progettuale. Se i bisogni sono conosciuti e realmente considerati la riuscita del progetto è senz’altro favorita. Il termine bisogno indica uno dei fattori di sviluppo più importanti della personalità umana. Segnala la presenza da un lato di una tensione fisica o psichica del soggetto verso qualcosa d’altro; da un altro lato la mancanza o la non completa e insufficiente presenza di questo qualcosa. Vi sono nella storia individuale dei bisogni fondamentali e secondari. I primi di carattere fisiologico e psicologico (come il bisogno di cibo, di riposo, di affetto, di sicurezza, ecc.) vanno assolutamente soddisfatti se si vuole evitare che il soggetto si sviluppi in modo anomalo. Un’ASL è integrata nel territorio di sua competenza non in quanto presente con i suoi servizi nel modo più diffuso, ma perchè attiva sinergie con le diverse componenti sociali per sviluppare gli obiettivi per i quali esiste. L’ASL è si un sistema aperto nella direzione della ricerca sanitaria, ma anche verso i reali bisogni della gente, che con le tasse ne permette l’esistenza. La struttura aziendale, applicata all’ASL, non può essere intesa nella sola efficienza economica: risparmiare, guadagnare e far quadrare i bilanci. La struttura aziendale applicata all’ASL ed alla scuola richiede di per sè la considerazione prioritaria dei bisogni dell’utenza. L’azienda economica di produzione di beni o di servizi, si presenta come un’organizzazione che realizza il suo scopo, il profitto, attraverso il controllo progressivo o almeno indiretto e tendenziale, di tutti gli elementi e i fattori che concorrono al successo contrastando e tendenzialmente annullando i fattori d’insuccesso. Poichè gli elementi più diretti del funzionamento economico sono la domanda di beni e la risposta che si dà ad esso, come produzione e distribuzione, possiamo dire che il funzionamento economico efficace si ha quando l’azienda realizza un buon controllo di questi tre elementi (Dell’Aquila,1998). Controllo che si ha attraverso il rapporto tra questi tre elementi, realizzato dal lato della domanda, dal consumo, che ha valore di alimentazione per l’intero funzionamento economico e dal lato della offerta, da un controllo del frazionamento del sistema a livello centralizzato, cioè al livello in cui l’azienda assume decisioni. E’in questo tipo di funzionamento, e nelle possibilità di realizzarlo, che risiede in grande misura l’efficacia dell’azienda. Prendiamo ad esempio il primo degli elementi considerati: la domanda dei beni (nella nostra questione potremmo definirla domanda di salute, di benessere). L’azienda deve conoscere in modo non empirico, quella esistente e quella potenziale, potendo persino individuare con un’approssimazione anche molto elevata, il grado di estensione e di influenzabilità, servendosi per questo in modo sistematico, di ricerche specialistiche, anche molto sofisticate, commissionate o svolte in proprio. Questa conoscenza consente di individuare in prima approssimazione le possibili aree di intervento, rispetto alle quali vengono realizzate varie ipotesi di investimento. L’insieme di questi flussi informativi consente di precisare meglio costi (prevedibili) e benefici (possibili) delle varie alternative strategiche consentendo di fare una scelta mirata. Rispetto a tale scelta l’azienda, in virtù del controllo centralizzato delle decisioni strategiche, può dirigere in modo convergente tutte le macchine in cui si articola il suo funzionamento (dall’organizzazione interna alle analisi simulate degli effetti della scelta compiuta, al rapporto con la distribuzione, la pubblicità, ecc.). Educare alla salute, nell’ottica aziendale è utile soprattutto per risparmiare risorse economiche a diversi livelli; per pareggiare bilanci ed evitare esborsi incommensurabili. Le conseguenze di un serio progetto, programma di educazione alla salute in ogni territorio dell’ASL, permetterebbe una minor richiesta di interventi medici e l’utente diventerebbe maggiormente artefice, si condurrebbe autonomamente per un bene-stare, diminuendo le richieste tampone. Voler conoscere i bisogni ( attraverso una lettura non finalizzata a produrre profitti sconsiderati) diventa momento orientativo dei percorsi educativi per una maggior tutela della salute e coinvolge direttamente le scuole appartenenti alle singole ASL, ma non solo, in quanto l’analisi dei bisogni deve coinvolgere tutte le agenzie “educative” del territorio: la famiglia e la comunità, la televisione ed i media in generale, le forze dell’ordine, le associazioni sportive, i movimenti giovanili, le biblioteche, i musei, le Chiese, le associazioni culturali, i sindacati delle diverse categorie, ecc. L’analisi dei bisogni è insita in ogni progettazione vera e propria, è la fase dell’elaborazione progettuale. L’analisi della situazione dell’esistente indaga il reale stato di salute di un territorio. Si può scegliere anche d’indagare solo un particolare gruppo di persone scelte per età, lavoro, ecc. Si definiscono quali sono i bisogni identificabili di un territorio nella prospettiva della salute: gli aspetti generali della salute pubblica (mortalità, morbosità, fattori di rischio) gli aspetti sociali (indicatori culturali, socio-economici, ecc.), gli aspetti comportamentali (elementi legati allo stile di vita ). Si vuole insomma conoscere la qualità della vita di un determinato territorio. La qualità della vita è il complesso delle condizioni che determinano lo stato di benessere (o di malessere) della persona. Tali condizioni sono interne ed esterne e riguardano una molteplicità di ambiti dal fisico allo psichico, dallo spirituale all’affettivo; dall’economico al sociale, dal politico al professionale. Una qualità della vita scadente impedisce il raggiungimento di una situazione di benessere; ma neppure una elevata qualità della vita è di per sè garanzia di benessere per tutti: infatti, a determinare il rapporto fra la qualità della vita e il benessere concorrono anche i valori che l’individuo – per educazione, influenze sociali e personali convincimenti – pone come obiettivi fondamentali alla propria esistenza. La problematica sottesa è complessa anche perchè spesso, per esempio per quanto riguarda le risorse spendibili, il miglioramento della qualità della vita per gli uni comporta la riduzione della qualità per gli altri.
Si può ulteriormente considerare che “nella logica dell’avere” il benessere di alcuni diventa depauperante; mentre l’educazione deve riproporsi di costruire individui nella “logica dell’essere “, in cui, al contrario, ciascuno trae benefici dall’elevarsi della qualità della vita altrui. In questa fase preliminare si tratta di compiere un’inchiesta seria, analitica, fondata su test di realtà e di concretezza sullo stato di salute della comunità in cui s’intende operare. I protagonisti dell’inchiesta devono appartenere alla comunità stessa ed il direttore del Dipartimento di Prevenzione può essere allora il promotore della nascita di un’area dipartimentale idonea di cui entrano a fare parte persone competenti che abbiano conoscenza dell’ambiente e delle tecniche di rilevazione dei dati in materia di salute. L’équipe può essere formata da ricercatori dell’ambito socio – sanitario, da insegnati e rappresentanti del mondo del lavoro, del commercio, delle istituzioni pubbliche, delle associazioni dei genitori, delle società sportive e culturali. Altra soluzione istituzionale, per costituire l’ equipe-analisi dei bisogni, può essere allargare la funzione dell’U.O.N.A di epidemiologia oppure usufruire dell’U.O.N.A. di educazione sanitaria che è collocata generalmente nell’U.O.A.: Servizio Igiene, Alimenti e Nutrizione. Centrale è comunque che questa fase venga gestita dal Dipartimento di prevenzione coinvolgendo tutte le agenzie suddette compresi i Direttori di distretto che si avvalgono di un ufficio di coordinamento composto da rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi distrettuali. Sono membri di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale ed un pediatra di libera scelta. Indicare da chi deve essere composto tale gruppo di lavoro e da quale istituzione deve essere coordinato non è questione marginale anche al fine della ricaduta degli obiettivi sul territorio. Ogni realtà (Scuola, azienda, associazione ecc..) può programmare attività d’educazione alla salute, ma se si vogliono raggiungere maggior benessere e maggior qualità di vita per i cittadini è indispensabile coordinarsi per integrare i percorsi nell’ottica di una più proficua sinergia. Gli indicatori generali della salute pubblica da considerare nell’analisi dei bisogni si riferiscono ai parametri tradizionali: mortalità, morbilità, fattori di rischio. A titolo indicativo e’ possibile citarne alcuni: – numero delle persone colpite da handicap permanenti, o sofferenti per postumi di incidenti, rapporto alla popolazione globale; – incidenza di malattie causate da acque contaminate; – percentuale della popolazione abitante in alloggi malsani (sistemi inadeguati di eliminazione dei rifiuti, di acque di scarico, assenza di servizi igienici, eccesso di umidità, mancanza di aerazione, ecc..); – percentuale della popolazione esposta a sostanze contaminanti (a quali livelli?); – tasso di assenteismo scolastico o professionale per malattie somatiche o psicosomatiche ( per lavoro nero o demotivazione dei minori); – percentuale delle persone anziane che hanno perso la loro autonomia; – numero dei bambini maltrattati , sottoalimentati o alimentati scorrettamente, abbandonati a se stessi nella giornata; – numero delle famiglie separate e dei bambini affidati ad istituti assistenziali o in affido/adozione. La rilevazione della salute mentale è da effettuarsi sempre in riferimento alla cultura ed ai sistemi di valori della comunità territoriale in cui ha luogo l’inchiesta . In particolare sono da prendere in considerazione il numero dei suicidi degli adulti e degli adolescenti, l’abuso di farmaci , ecc. Questi primi indicatori sono molto importanti, ma di carattere eminentemente sanitario ed igienico, rientrano ancora nella linea tradizionale di ogni rivelazione dello stato di salute di un determinato territorio. Una loro lettura e comprensione adeguata è resa possibile solo attraverso la rivelazione degli aspetti sociali e degli aspetti comportamentali, che deve essere svolta in parallelo e con uguale correttezza e serietà. La valutazione degli aspetti sociali è fondamentale in un programma di educazione alla salute. Questi dati sono necessari se si vuole poter decidere sul contenuto e scegliere i metodi di comunicazione; essi possono anche influire sugli atteggiamenti e sui comportamenti degli educatori. La raccolta dei dati per gli indicatori sociali può avvenire gradualmente . Occorre cominciare dallo studio di questi dati. I dati mancanti possono essere raccolti tramite interviste eseguite da persone che conoscono bene gli aspetti particolari della vita sociale locale, per esempio nei servizi pubblici quali i servizi del Comune, l’Ufficio di Collocamento, l’Assessorato all’istruzione, al tempo libero, la Polizia, i Servizi sanitari locali, … le associazioni diverse…. Se dopo questo lavoro, continuano a mancare dati importanti, potrebbe essere necessario procedere ad un’inchiesta diretta tramite la scelta di un campione di popolazione. I principali indicatori sociali da prendere in considerazione sono i seguenti: – indicatori socio-economici: ripartizione delle entrate, prodotto nazionale lordo per abitante, percentuale del bilancio familiare destinato ad attività favorevoli alla salute; – indicatori della qualità dell’ambiente così come viene percepito: contesto di vita, alloggio, incidenti; – Indicatori del mercato del lavoro: disoccupazione, condizioni di lavoro, assenteismo; – Indicatori del grado di socializzazione e di integrazione sociale: immigrazione, alienazione, isolamento, conflittualità, discriminazione, criminalità, diritto allo studio e grado di istruzione raggiunto nei diversi gruppi di età, attrezzature per il tempo libero, attività ed opportunità culturali, qualità delle prestazioni sanitarie; – Indicatori sociali in stretta relazione con la salute fisica: livelli di nutrizione, attività fisica ed accesso ai centri sportivi, igiene. Bisogna inoltre prestare attenzione particolare ai modelli culturali e alla loro evoluzione; per esempio, per quello che riguarda le vecchie e nuove tradizioni, l’esistenza di un insieme di regole, formali o no, sull’uso dell’alcool, del fumo e di altre droghe, il “come” l’uso di tali sostanze venga giudicato nell’ambito della comunità. Occorre sempre verificare la validità dei dati. Diversi fattori hanno incidenza particolare sulle statistiche ufficiali, sui questionari e sulle interviste. Ad esempio: gli aumenti di prezzo incidono sul consumo di alcolici e del tabacco, indipendentemente da qualsiasi educazione alla salute messa in atto contemporaneamente. Ovviamente tali indicatori, suddivisi per ambiti, dovranno essere presi in considerazione, rapportandoli volta per volta alla estensione geografica del territorio in cui vive la comunità, alla consistenza numerica. Molti dati esistono e giacciono inutilizzati, a seguito di censimenti o di ricerche sociologiche già effettuate, presso gli Enti locali o presso le Camere di commercio, gli uffici di collocamento, gli Istituti di ricerca delle Università, i servizi urbanistici, ecc. E’ di fondamentale importanza che tutti questi indicatori siano raccolti, aggiornati e completati anche attraverso la testimonianza diretta degli operatori sociali, degli insegnanti, dei responsabili dei centri ricreativi, delle chiese locali, dei gruppi di volontariato, che possono arricchire e dare ad ogni voce quel carattere di vissuti e concretezza che rende eloquenti ed efficaci i numeri, le statistiche, le planimetrie e le mappe catastali. La valutazione degli aspetti comportamentali include elementi legati allo stile di vita ; è facile notare che i problemi più frequenti riguardanti la salute, i quali implicano un costo elevato per la società, derivano, da una parte, dall’individuo stesso e, dall’altra, dall’ambiente sociale e fisico e dalle opportunità educative. I programmi educativi possono, a lungo termine, influire indirettamente sui fattori ambientali, poichè la popolazione sensibilizzata tende a favorirne la modifica. Di qui il bisogno di identificare quale comportamento è all’origine di questo o quel problema sanitario o lo diverrà nel futuro. Un tipo particolare di comportamento può peraltro segnalare l’incombere di un altro tipo di comportamento, più nocivo e strettamente legato al primo. E’ indispensabile identificare quei comportamenti che ne preannunciano altri più dannosi. Gli atteggiamenti, i valori e le convinzioni di una persona sono spesso determinati, per la sua giovane età, dai fattori ambientali, specialmente da quelli che riguardano più da vicino l’interessato e che sono più importanti per lui. La natura e “l’allevamento” sono gli elementi responsabili dello sviluppo e della formazione del bambino (J.R. Harris, 1999). Appare evidente che lo studio incrociato di tutti questi dati, raccolti attraverso una seria indagine sugli aspetti sanitari, sociali e comportamentali, il raffronto tra cause e conseguenze, l’analisi della realtà locale considerata preminentemente nelle lacune e nelle insufficienze rispetto ad una qualità della vita potenzialmente sana, condurrà all’identificazione dei bisogni reali della comunità e dell’ambiente in cui essa vive. E’ necessario inoltre che l’identificazione dei bisogni sia espressa in termini chiari, intelligibili e che essa sia centrata in modo radicale sulle cause anche apparentemente remote dei disagi e delle inadeguatezze riscontrate. Nella misura del possibile, è molto importante che essa sia condivisa ed assunta responsabilmente dal maggior numero di coloro che rivestono un ruolo influente nella comunità stessa. Sarà compito del Dipartimento di Prevenzione o dell’organo che ha coordinato l’indagine far in modo che i risultati raggiunti vengano conosciuti ed assunti dal maggior numero di persone con o senza responsabilità sociale diretta. L’analisi “dei bisogni di salute” determina gli obiettivi che si vorranno perseguire attraverso il progetto. La scelta delle mete progettuali è condizionata dall’esito dell’analisi. Definire gli scopi sarà compito del comitato interistituzionale che agisce all’interno del Dipartimento di Prevenzione, con il suo direttore e l’U.O.N.A di Epidemiologia dell’A.s.l. Gli obiettivi scelti condizioneranno la formazione, ma non solo, degli animatori ed esecutori del progetto.
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QUARTO CAPITOLO IDENTIFICAZIONE E VALUTAZIONE DELLE RISORSE E DEGLI OSTACOLI |
Nell’elaborazione di un progetto di educazione alla salute, occorre identificare e valutare i fattori suscettibili di agire positivamente/negativamente sul comportamento della popolazione, soprattutto dei giovani, in materia di salute. Favoriscono o ostacolano la realizzazione progettuale: – le conoscenze sufficienti, -le competenze appropriate, -l’ ambiente favorevole, -la disponibilità delle risorse educative , -l’ impegno dei servizi amministrativi, – le leggi specifiche, – la approvazione del programma da parte di gruppi sociali influenti, – il sostegno dei media locali. Per quanto riguarda il possesso di sufficienti conoscenze, può succedere ad esempio che un insegnante aderisca agli ideali di un progetto per la salute senza avere però una visione chiara di cosa ciò significhi in pratica in una scuola. Costui crederà, probabilmente, che l’educazione alla salute, come la matematica, sia campo esclusivo dello specialista e non richieda la partecipazione di terzi o, ancora, non avrà nulla da obiettare se, e a patto che, tale azione non incida sul suo orario di servizio. Negli istituti di tipo tradizionale, numerosi insegnanti ritengono spesso che il loro lavoro consista esclusivamente nella trasmissione di conoscenze. Classificano gli obiettivi che perseguono in base a elenchi generici di “conoscenze” (terminologia, fatti, convenzioni, classificazioni, metodologie), attitudini e competenze intellettuali (comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione). Lo scopo della formazione di base continua degli insegnanti e degli altri soggetti coinvolti nel progetto dovrebbe permettere, fra l’altro, d’ aiutare i ragazzi, i giovani e non solo a chiarire i loro valori, a prendere delle decisioni, a combattere lo stress , ad affermare la propria personalità, a sviluppare le proprie capacità nel rapporto con gli altri, ad utilizzare e ricavare le informazioni: soprattutto a crearsi un immagine positiva e realistica. Gli obiettivi principali nel campo affettivo – quando l’insegnante se ne occupa, il che avviene raramente – sono generalmente impliciti. Essi si esprimono, naturalmente, nel sistema di valori dell’insegnante, nella disciplina e nell’etica della scuola e negli aspetti dell’azione informale di quest’ultima. Si può dire per riassumere che si tratta a questo riguardo di insegnare agli alunni ad apprendere ( presa di coscienza, desiderio di ricevere, attenzione mirata o selettiva), a rispondere ( accettare di rispondere, aderirvi volentieri, provarne soddisfazione), a costruire (concettualizzare un valore, elaborare un sistema di valori), ad applicare un valore o un insieme di valori ( generalizzazione). Molti degli obiettivi dell’educazione alla salute non sono specifici di una materia strettamente limitata chiamata “salute”, ma coinvolgono gli insegnanti di tutte le materie, che si tratti di lingua, di scienze, di religione o di educazione fisica. Anche l’educazione alla salute dovrà, all’interno della scuola e in altri ambiti, fare i conti con le contrapposizioni metodologiche, tra teorie o modelli dell’apprendimento: l’insegnamento contenutistico e quello problematico, quello astratto o formalizzato e quello collegato alle fenomenologie quotidiane; quello teorico e quello integrato da evidenze sperimentali di laboratorio… e queste a loro volta possono partire dalla esplorazione diretta dei problemi oppure proporre esperimenti preschematizzati. E’ bene precisare, anche all’interno della didattica della promozione della salute che non si ottengono gli stessi risultati se si usano modelli di insegnamento trasmissivo, conduttivo o costruttivista; se si considerano innate certe capacità cognitive o se si considera la mente come una tabula rasa; e che si lavora in modo diverso se si tiene conto (o no) delle esperienze di vita di chi impara, delle suggestioni derivanti dal contesto in cui si pensa o agisce . Sono diversi gli stili educativi che adottano ipotesi di cambiamento cognitivo discreto (di tipo piagetiano: per equilibri di strutture di conoscenza che si rompono e si ricostituiscono attraverso nuovi processi di equilibrazione); o si fondano su teorie di sviluppo cognitivo graduale e progressivo, correlato al contesto e alle modalità d’insegnamento…. o su modelli di dinamica sistemica. Questi ultimi convincono particolarmente perchè mettono in evidenza, nel processo d’apprendimento, cambiamenti, sovrapposizioni e alternanze di ipotesi parziali di conoscenza: se si pensa che ogni atto conoscitivo costituisce una relazione tra l’individuo e la realtà, e che tale relazione è caratterizzata da una continua dinamica d’adattamento ai fatti, vi è allora spazio per modalità di apprendimento flessibili, di volta in volta modellate sulle circostanze e adeguate a interpretarle nella loro complessità (Arcà, 1997) . In relazione alla legislazione specifica è invece prioritario raccogliere orientamenti legislativi che privilegino forme di intesa interistituzionale, indicate dalla Direttiva ministeriale n. 292 del 3 dicembre 1999, che sviluppino un’azione concertata e condivisa tra la scuola, le agenzie socio-sanitarie del territorio, gli enti locali ed i soggetti del privato sociale, in particolare le associazioni dei genitori.
L’intesa interistituzionale, finalizzata al progetto territoriale integrato per la promozione della salute, dev’essere sottoscritta da tutti gli enti pubblici e privati. In essa vengono definiti i compiti e i diversi tipi d’impegno, anche economici, delle diverse agenzie territoriali e non che vi aderiscono. Le istituzioni, gli enti e gli organi firmatari della convenzione si impegneranno con riferimento all’ambito territoriale di competenza e, all’interno di questo, con priorità nelle aree individuate, alla collaborazione necessaria a garantire il coordinamento, nel quadro di un programma concordato rispetto agli obiettivi, definiti per competenza dal Direttore del dipartimento di prevenzione in sintonia con l’U.O.N.A. di epidemiologia dell’A..S. L.. Inoltre si sottoscriverà la costituzione di reti integrate di servizi formativi, informativi, metodologici, finanziari per l’attivazione e la gestione dei progetti integrati nelle singole aree. Si costituirà un Comitato interistituzionale presieduto dal Direttore del Dipartimento di prevenzione, composto da funzionari degli enti pubblici e privati designati da ciascuna delle parti firmatarie, in relazione ai settori operativi rilevanti per il contenuto della collaborazione. L’impegno dei servizi amministrativi delle istituzioni e del privato dovrà permettere l’afflusso del denaro necessario per la realizzazione del progetto territoriale integrato d’educazione alla salute. L’offerta di nuovi e variegati servizi ai cittadini necessita di grandi investimenti economici. Sarà compito dei servizi amministrativi del Dipartimento di Prevenzione trovare le opportune strategie, facendo riferimento alle legislazioni comunali, provinciali, regionali, nazionali ed europee. Il coinvolgimento dei poteri forti locali potrebbe permettere ulteriori entrate. Gli obiettivi operazionali del progetto ( individuazione di specifici servizi all’utenza dell’A.S.L.) devono considerare prioritario l’aspetto economico, pena la creazione di aspettative inconsistenti, con ulteriori danni alla salute dei cittadini . Particolare rilevanza in questo settore può averla l’Unità organizzativa per le funzioni amministrative, informative e di comunicazione del dipartimento (U.O.A.), che opera a stretto contatto con il Direttore del dipartimento di prevenzione, con possibilità di costituire gruppi di lavoro per obiettivi specifici, con particolare riferimento ad un gruppo di operatori con professionalità e qualifiche adeguate, che supporti il Direttore del dipartimento nella comunicazione istituzionale verso l’interno e l’esterno del dipartimento per le attività di educazione alla salute…. (A.S.L. 18, 1999). In questa unità organizzativa è possibile tra l’altro situare il coordinamento del progetto, in quanto è parte dello staff alla direzione del Dipartimento di Prevenzione. Per quanto riguarda le competenze appropriate, nell’ambito della ricerca sulla formazione adulta, professionale e manageriale con il termine competenze si allude a concrete abilità relazionali che sono il risultato di un insieme di conoscenze, abilità, capacità. D’altra parte, va anche ricordato che su tutta questa terminologia non vi sono posizioni univoche da parte della ricerca educativa, nè da parte della ricerca psicologica o della sociologia del lavoro. Per capacità si può intendere l’attitudine ad una determinata esecuzione, una sorta di prerequisito necessario, ma che, per diventare operativo, necessita di un opportuno apprendimento, dopo il quale soltanto la capacità diventa vera e propria abilità. Altri intendono per capacità la capacità ad operare; in effetti anche nel linguaggio comune essere capaci di fare una cosa significa avere la capacità piena: non diciamo mai “sono abile a fare…” ma ” sono capace di fare …”. Per Chomsky la competenza è la capacità di produrre linguaggio, mentre la produzione vera e propria è da lui definita esecuzione (Cerini e Cristanini,1999) . Siamo dunque in presenza di un concetto più afferrabile negli usi operativi che definibile univocamente in senso teorico-astratto, come la ricchezza ed il continuo sviluppo della letteratura al riguardo dimostrano. Ciò corrisponde ad una situazione di transizione, in cui l’evoluzione di categorie storiche (per esempio, il mutamento del paradigma centrato sul concetto di professione) si effettua attraverso lo sviluppo ad hoc di un corpus non omogeneo di prassi operative. Nella realizzazione del progetto territoriale integrato per la promozione della salute si possono considerare tre aree di competenze, da situare nei quattro livelli di attuazione o organigramma: – competenze di base (ad esempio informatica di base, lingua straniera): si tratta di competenze consensualmente riconosciute quali nuovi ” diritti di cittadinanza”, veri e propri requisiti per l’occupabilità e lo sviluppo professionale; – competenze tecnico professionali (conoscenze dichiarative generali e specifiche, non che conoscenze procedurali ), si tratta dei saperi e delle tecniche operative proprie delle attività relative a determinati processi; – competenze trasversali (diagnosi, comunicazione, problem solving, ecc.): si tratta di quelle caratteristiche e processi individuali essenziali al fine di produrre un comportamento professionale che trasformi un “sapere” in una prestazione efficace. I livelli di competenza decisionale che è utile attivare solo nel corso del progetto territoriale integrato per la promozione della salute (all’inizio della progettazione, dovrà essere considerata prioritaria la formazione dei soggetti-attori coinvolti nella realizzazione progettuale), sono almeno quattro. Allorché i sistemi olistici, nel nostro caso, i sistemi-uomo stabiliscono fra loro un rapporto di relazione, ognuno di essi assume un ruolo specifico: utente o prestatore, a seconda della situazione o delle regole sociali che il rapporto induce a rispettare. Siccome il processo d’interazione è di tipo circolare, la fissità dei ruoli non ha ragion d’essere. Quando i personaggi non possono attuare il passaggio da prestatori ad utenti, o viceversa, vengono a delinearsi posizioni di ascendenza e di subordinazione, dando luogo a quelli che in Cibernetica sociale vengono chiamati “livelli di attuazione” o gerarchia interna tra le competenze specifiche dei personaggi di un sistema (Gandolfo e Bruera, 1984). Tali livelli sono: il livello di esecuzione, di animazione, di consulenza e di mentalizzazione. Questi non sono standardizzati e prefissati a seconda del ruolo sociale del personaggio. Pur essendo in successione gerarchica (per il principio epigenetico quello posto successivamente ingloba pure le caratteristiche dei precedenti), ogni livello presuppone anche la presenza degli altri tre , pur esercitando su questi un’ascendenza determinante. Per Waldemar De Gregori, allievo del professor A.. Rubbo Muller, sistematizzatore dei livelli d’attuazione, la parcellizzazione della realtà continua ad essere un procedimento ricorrente, nonostante l’abbandono dell’impostazione meccanicistica sia dichiarato da tempo (Gandolfo e Bruera, 1984). Il livello di esecuzione è proprio di quelli che eseguono, mettono in pratica il progetto nello spazio e nel tempo. Il livello di animazione è proprio di coloro che coordinano e stimolano i gruppi di esecuzione; devono conoscere tecniche specifiche di dinamica mentale , di gruppo e sociale. Il livello di consulenza è composto da tecnici generici e specifici. Debbono saper usare bene: – i quadri di riferimento globali e specialistici; – un linguaggio interscientifico ed interprofessionale. Il livello di mentalizzazione è proprio dei presidenti, dirigenti e consigli direttivi. Necessita di una diagnosi permanente – continui feedback – proveniente da tutti i livelli e sfere della realtà. Il coordinamento (comitato interistituzionale) del progetto territoriale integrato di promozione della salute è situato nel Dipartimento di Prevenzione. Sarà compito del suo Direttore tessere tutte quelle relazioni utili al fine del conseguimento degli obiettivi ed individuare i Responsabili dei diversi livelli dell’iniziativa. Il comitato in ordine ai propri fini di coordinamento interistituzionale, svolge compiti di promozione, controllo e valutazione delle attività, nonché di raccolta, elaborazione e divulgazione dei dati e delle informazioni secondo metodologie che si dovranno opportunamente definire. L’azione del Direttore del dipartimento di prevenzione e del suo staff può essere definita di mentalizzazione. I tecnici della formazione, della ricerca, delle analisi , costituiscono il livello della consulenza e potranno assumere anche incarichi di responsabilità, di gestione di specifici gruppi di lavoro. I componenti dei gruppi, delle diverse aree professionali coinvolte, che hanno aderito al programma di promozione della salute, appositamente “allenati”, svolgeranno funzione di animatori del progetto . Il livello esecutivo sarà, invece, proprio di quegli operatori situati all’interno delle istituzioni pubbliche e private a contatto con l’ utenza ed aiuteranno la popolazione a somatizzare gli obiettivi del progetto per la promozione della salute. Affinchè l’integrazione caratterizzi l’azione del progetto ad ogni livello, anche e non solo nel gruppo di mentalizzazione dell’iniziativa, bisognerà condividere: – il metodo della riscoperta – imparare facendo; – la centralizzazione sulla vita affettiva e sulla comunicazione; – la responsabilizzazione della persona rispetto alla sua crescita. Inoltre tutto l’impianto progettuale dovrà avvalersi di: – griglie analitiche per la raccolta di dati, – modelli di ricerca interdisciplinare sistematizzata sul tracciato del metodo euristico seguendo le tappe del pensiero scientifico; – tracce di lavoro per analisi scompositive di realtà concrete, teoriche e simboliche; – guide indicative per pianificazione e analisi delle diverse realtà concrete, teoriche e simboliche che si riterrà utile considerare; – diagrammi a blocchi come strumenti di visualizzazione dei percorsi parziali e globali che si attiveranno per il raggiungimento degli obiettivi. Compito specifico del responsabile del lavoro di gruppo sarà: – sensibilizzare e sbloccare l’energia potenziale dei componenti dei gruppi con input vitali e culturali ; – favorire i processi di scatola nera e cioè il lavoro interiore di assimilazione, trasformazione e organizzazione; – regolare il flusso di energia verso reali momenti di crescita; – favorire le attività di presa di coscienza da cui scaturiscono i cambi di condotta; – rialimentare costantemente l’energia del sistema-gruppo per mantenerlo in omeostasi dinamica; – ricercare e sperimentare metodologie di dinamica di gruppo utili a far vivere a ciascun membro un ruolo attivo che gli consenta di ricevere rialimentazione da tutti gli altri componenti . Raggiungere l’approvazione del programma da parte di gruppi sociali influenti ed il sostegno dei media locali sarà compito specifico del Direttore del dipartimento di prevenzione. In particolare, i media devono poter svolgere una funzione di traino ed agevolare la popolazione dell’A.S.L. a raggiungere gli obiettivi del progetto. Le trasformazioni nel modo di trasmettere informazioni comportano trasformazioni nel nostro modo di percepire e definire il mondo. L’introduzione della scrittura e la possibilità ad essa connessa di oggettivare il pensiero su di un rapporto esterno, sul quale è sempre possibile ritornare, ha reso possibile la nascita del pensiero astratto, della filosofia , delle religioni rivelate che sono appunto rivelate dalle scritture sacre. L’introduzione della televisione, per fare un esempio più vicino a noi, ha modificato grandemente il rapporto tra adulti e bambini e in generale il rapporto tra cittadini e potere. In pochissimi anni l’intero contesto della comunicazione attorno a noi è cambiato. Pochi decenni fa avevamo la radio, il giradischi, rudimentali registratori a cassette, poche ore di televisione ripartite su due canali, il cinema, i fumetti, i libri, il telefono; la scuola rappresentava la maggior agenzia informativa a nostra disposizione. I bambini di oggi hanno più di dieci canali televisivi che trasmettono senza interruzione giorno e notte tutti i giorni dell’anno, videoregistratore, lettore di CD, walkmann, computer (dotato di video giochi), qualcuno di loro (pochi per adesso) può anche viaggiare su internet . Un progetto, per promuovere salute in uno specifico territorio, dovrà sì indurre riflessioni sull’utilizzo dei mass-media, ma non potrà non giovarsi, intelligentemente, dei mezzi sopra elencati per far somatizzare dalle giovani generazioni gli scopi progettuali. All’interno del settore informatico, del progetto integrato, usufruire di tecnici della comunicazione mediatica per i ragazzi e i giovani sarebbe fortemente auspicabile. La produzione di cartoni, video giochi ed altro per la assimilazione di comportamenti mentali e fisici igienici potrebbe essere una strategia congrua alla situazione in cui si muovono le nuove generazioni. Internet, e più in generale la telematica in medicina, stanno già modificando e sempre più modificheranno i consueti scenari di cura, di trasmissione del sapere e di diffusione dell’informazione scientifica. Anche un progetto di educazione alla salute locale, è bene che usufruisca di un sito informatico proprio a cui possono accedere gratuitamente gli abitanti dell’ASL per conoscere ed interagire a livelli diversi con settori specifici della progettualità. Il personale medico, ed esempio, potrà interagire in tempo reale con i consulenti del progetto, attraverso la rete informatica, al fine di porre questioni e ricercare soluzioni, nell’ottica dell’educazione alla salute, per i loro clienti; così pure gli insegnanti. Situare in internet alcune specifiche competenze progettuali contribuirà certamente ad aumentare la comunicazione tra i diversi soggetti-attori e fruitori dell’iniziativa. Una caratteristica saliente di Internet ai fini di facilitare la diffusione di informazione e formazione è la sua ubiquità. La rete, infatti è disponibile in ospedale, in clinica, in ambulatorio, a casa. E’possibile fruirne in modo estremamente flessibile e a qualsiasi ora. (Pisanelli, 1999). Si potranno produrre strumenti ludico-educativi appositi per attirare l’interesse dei più giovani; elencare i risultati delle inchieste ed evidenziare i risultati quantitativi e qualitativi raggiunti, ecc. .
APPENDICE al capitolo quarto TECNICHE DI LAVORO DI GRUPPO Sintesi proposta da Waldemar de Gregori, Educazione del cervello, Brasilia,2000. Ciascuna di queste tecniche deve obbedire sempre a norme e flussogrammi espliciti e completi; è utile non confondere le tecniche di lavoro in gruppo con la dinamica di gruppo. Gruppo di studio: fatta la presentazione del tema, dividere la classe in gruppi per lo studio del medesimo o di aspetti distinti, seguendo un insieme di domande che sono rivolte agli alunni affinché essi presentino risposte o proposte di conclusioni. Simposio: presentazione di un tema da parte di uno o diversi specialisti e interrogatorio da parte dei gruppi o dell’assemblea. Coppie ruotanti: si organizzano due circoli. Si dispone la metà delle persone nel circolo esterno e l’altra metà nel circolo interno, queste ultime volte verso le persone del circolo esterno con le quali debbono comunicare (eseguire compiti) durante un minuto o piu’ poi tutti quelli del circolo interno si alzano e passano nella vicina sedia a destra, ricominciando il compito. E così di seguito. Pannello integrato: dividere la classe in gruppi di 5 o 6 alunni. Numerare ogni gruppo dall’1 al 5 o 6. Discussione dell’argomento per il tempo dato. In un secondo momento tutti i numeri uno di ogni gruppo, formano un nuovo circolo, facendo lo stesso i numeri 2, 3, .. In questo modo ogni membro trasmette ai compagni le esperienze del gruppo precedente. Brainstorming (esplosione di idee), esercizio per sviluppare il pensiero creativo, seguendo queste regole: 1) il gruppo deve sentirsi in un clima ludico e provocatorio, 2) occorre ridurre la censura, la critica ed il giudizio di gruppo: è vietato giudicare e criticare qualsiasi idea, 3) occorre ridurre la censura ed il giudizio individuale per permettere che una idea sia manifestata senza altre considerazioni sul ” vero o falso, buono o cattivo”, 4) ciascuno deve esprimersi con frasi lampo senza introduzioni nè spiegazioni, senza aspettare il proprio turno……………… . |
QUINTO CAPITOLO GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO: SCEGLIERLI, GESTIRLI, VALUTARLI……. |
Come aggettivo il termine obiettivo si riferisce ad obiettività. Come sostantivo, sta per scopo, fine e meta da raggiungere; in questo senso si parla di obiettivi politici, economici, scientifici, educativi, sanitari, ecc. Nelle più moderne teorie dell’apprendimento e secondo le più accreditate metodologie pedagogiche, il concetto di obiettivo è andato acquisendo una notevolissima rilevanza. La definizione di obiettivi verificabili rappresenta una delle condizioni indispensabili, addirittura uno degli strumenti più utili per una corretta programmazione. Gli “obiettivi” si possono anche denominare “mete”. Il concetto di meta suggerisce l’idea di evoluzione, di flusso di energia, di complessificazione. Gli obiettivi costituiscono la specificazione e la traduzione delle finalità educative in affermazioni indicanti ciò che il cliente del progetto deve sapere, saper fare e saper essere, al termine ed in conseguenza dell’intervento educativo per la promozione della salute. Il procedere dalle finalità agli obiettivi si caratterizza quindi come un progressivo e graduale passaggio dall’astratto al concreto e dal generale allo specifico.E’ necessario procedere ad una gerarchizzazione delle mete-obiettivi in relazione ai contenuti del processo educativo, per quanto concerne il progetto in questione, ed alle caratteristiche delle persone a cui ci si rivolge ( l’età, la condizione fisica, lo sviluppo intellettuale, ecc.). Ciò per evitare inutili sprechi di energie o percorsi troppo improvvisati o condizionati da pregiudizi. Il progetto, per la promozione della salute che persegue l’integrazione a livelli diversi, dovrà dotarsi di un gruppo di lavoro, all’interno dell’equipe-analisi dei bisogni, specifico per la definizione e valutazione della ricaduta delle mete interne ed esterne ( G.L.M.) del progetto stesso . Le mete interne riguarderanno la crescita di vitalità-salute dei soggetti-attori della progettualità; le mete esterne saranno riferite alla crescita di vitalità-salute dei clienti, soggetti-fruitori, dei diversi ambiti sociali: scuola, sanità, associazioni di vario genere, industrie, commerci, ecc. La stretta relazione tra chi lavora sull’analisi permanente dei bisogni e chi definisce e valuta il raggiungimento delle mete, tra la popolazione dell’ASL, è necessaria per non creare discrasie progettuali. Il gruppo sarà composto da medici di base, personale del dipartimento di prevenzione, insegnanti, cittadini rappresentanti le attività produttive, commerciali e familiari; collaborerà in stretto contatto con il Direttore del dipartimento ed il suo staff. La successione delle mete-obiettivo rispetta un ordine gerarchico, che va dalla minima organizzazione alla massima complessificazione. Si considerano le mete entropiche ed anatropiche come due forze polarizzatrici o estremi di vettori: le altre mete dei sistemi umani (mete individuali, di gruppo, di società) si muovono tra questi due poli. Secondo la teoria generale dei sistemi di L. Bertalanffy, essendo ogni parte, di un sistema sociale (famiglia, sanità, scuola, commercio, industrie, associazionismo, ecc.), una “totalità” che ha potenzialmente in sè tutte le caratteristiche del sistema sociale di cui fa parte, ne consegue che ogni obiettivo-meta è dimensionato da due poli: il livello di massima entropia (o disorganizzazione) e il livello di maggior anatropia (o complessificazione). Le mete entropiche – incongruenza semantica – meglio dire livello entropico – in realtà si possono superare solo con forme organizzative nuove che possono salvaguardare il micro o macro sistema dal decadimento e garantire all’anatropia il sopravvento sull’entropia. In un progetto d’educazione alla salute esplicitare eventuali forme di disorganizzazione possibile, che un qualsiasi sistema umano coinvolto nella progettualità può “raggiungere”, permette di consapevolizzare meglio la necessità di tendere “a più vita”, di lottare per alimentare la vita promuovendo iniziative volte alla valorizzazione dell’esistenza ed al suo costante sviluppo. Porre attenzione al raggiungimento delle mete individuali dei componenti la comunità – non definire le mete personali altrui – sarà compito del G.L.M. ( gruppo di lavoro sulle mete). Attraverso indagine apposita si potrebbero tendenzialmente conoscere sia per età che secondo le diverse attività professionali, associative, ecc. . Ognuno vive, la maggioranza delle persone inconsapevolmente, secondo mete individuali: – rispetto ed attraverso le proprie potenzialità; – rispetto al gruppo nel quale è inserito; – rispetto alla società in cui vive. Esistono mete individuali che si riferiscono alla esperienza interna dell’individuo (fascia interna) ed altre che si rivolgono essenzialmente alla gamma di interazioni esterne al vissuto personale (fascia esterna). Le mete individuali si riferiscono sempre al flussogramma evolutivo personale, all’autocoscienza, al tipo di aspirazione, al grado di conduzione in termini di autoconduzione, al livello mentale raggiunto, al tipo di fonte di energia disponibile, a come si coltiva il potenziale energetico di base, all’unione con altre dinamiche. E’ impadronirsi del proprio “territorio corporeo”, è unificarlo, è reintegrarlo, quando l’educazione lo divide, lo lottizza in parti dominanti ed in parti subalterne. Aiutare la popolazione dell’A.S.L. a scegliere delle mete personali in relazione alla promozione della propria salute, e non solo, è di per sè già aver raggiunto un obiettivo intrinseco al progetto stesso . Nel contesto di una prevenzione primaria , l’educazione alla salute assume, in certo qual senso, il ruolo di “catalizzatore”. L’evoluzione della nozione di salute verso una concezione meno statica, l’accento sull’importanza dell’interazione dinamica tra individuo e ambiente, esige che l’educazione alla salute abbia come obiettivo il pieno sviluppo delle possibilità dell’individuo in armonia con il suo ambiente. Di fronte ad una società complessa i cui problemi socio-sanitari sono generalmente collegati strettamente allo stile di vita, l’educazione promozionale alla salute deve quindi abbandonare gli approcci tradizionali dell’educazione sanitaria, fondata su tutta una serie di interdizioni, per incoraggiare un atteggiamento positivo nei confronti di un’azione diretta all’individuo. Tale educazione deve essere orientata a: – far prendere coscienza a ciascuno delle proprie responsabilità nel mantenimento e nella promozione della salute; – sviluppare nei singoli la capacità di prendere decisioni coscienti nei riguardi del proprio benessere personale , familiare, sociale; – aiutare il singolo individuo ad integrarsi in modo armonioso nella vita attiva e nella società in generale, perchè ognuno possa arrivare ad esprimersi, affermarsi e svilupparsi adeguatamente; – stimolare il singolo ad una partecipazione responsabile e costruttiva alla vita della collettività; – stimolare il singolo al proprio sviluppo pieno, sul piano fisico, affettivo e sociale. La struttura che sembra offrire i mezzi migliori per l’introduzione e la realizzazione di una azione di questo tipo è, insieme al contesto essenziale costituito dalla famiglia, la “scuola”, dal momento che essa si rivolge ai giovani, che costituiscono quel gruppo di età su cui si nutrono maggiori speranze e che rappresenta inoltre il momento più idoneo ad apprendere comportamenti. Dai professionisti della salute, l’approccio attuale, più globale, dell’educazione, esige non tanto compiti clinici nel senso tradizionale, quanto piuttosto una conoscenza ed una comprensione dello sviluppo del bambino e dell’adulto, dei traumi e dei disturbi che attentano o diminuiscono la capacità di vitalità. Nel progetto territoriale, in costruzione, è bene considerare anche le mete di gruppo. Ad esempio un micro gruppo, come la famiglia, può orientarsi verso mete di benessere-salute, partendo dalla sua situazione, che sceglierà in base alle sue possibilità: valoriali, economiche, ecc. . Un gruppo dovrebbe assumere e al tempo stesso essere la risultante di tutte le mete individuali dei suoi membri. In fascia esterna c’è quasi sempre concentrazione degli interessi dei singoli in una sola “meta-obiettivo”, centro d’attrazione di tutte le forze o energie vitali potenziali. E’ molto importante per il gruppo che esista una meta esplicita e ampiamente condivisa da tutti i componenti nelle relazioni di fascia esterna.Se questa non fosse sufficientemente rappresentativa di tutti gli obiettivi dei singoli membri, la lotta per il dominio si innescherebbe in fascia interna ed il gruppo, come sistema di forze interattive, correrebbe presto il rischio di una dispersione di comunicazione per poi giungere ad una disorganizzazione relazionale dei partecipanti. Situazioni di conflitto, causate da assenza di mete chiare e condivise, nei gruppi, provocano malessere diffuso. Il G.L.M.( gruppo di lavoro per la definizione delle mete-obiettivo) opererà affinché ogni raggruppamento, piccolo o grande che sia, comprenda l’importanza d’esplicitare le proprie mete per permettere ai suoi associati di vivere in salute; pure stimolerà le realtà gruppali perchè si autoprogrammino in modo da non delinearsi come uno dei tanti gruppi “condotti” da forze ad esso esterne. Le mete, pur nel caso in cui siano ampiamente condivise da tutti i membri, sono soggette nella dimensione del tempo, a giochi relazionali interni che possono avere come risultato la canalizzazione o il blocco temporaneo di energia vitale. Gli obiettivi di gruppo si riferiscono a gruppi formati, sia che si tratti di raggruppamenti costituiti da due membri che si attraggono come fonti reciproche di energia oppure di gruppi più estesi come numero di componenti Definire le mete-obiettivo, a livelli e settori interni ed esterni del progetto , è già promuovere la salute dei cittadini, siano essi prestatori od utenti del progetto stesso, in quanto sia a livello individuale che di gruppo, i soggetti-attori e i soggetti-fruitori del progetto territoriale integrato per l’educazione alla salute, devono scegliere e definire le mete – obiettivo attraverso: – il sapere (conoscenza più o meno appropriata), – il saper fare (capacità di compiere certe azioni, di agire in un certo modo), – il saper essere (atteggiamenti , volontà e desiderio di fare). La definizione degli obiettivi individuali e di gruppo, interni dei soggetti-attori ed esterni dei soggetti-fruitori, deve essere precisa e riferirsi a comportamenti osservabili e a capacità positive da far acquisire; essere perseguiti secondo temporalità stabilite, anche se l’educazione alla salute è un processo pedagogico continuo, ad andamento circolare, sottoposto a verifiche e a controlli adeguati, ma che richiede continui ritorni. I clienti del progetto, siano essi giovani od adulti, vengono formati in funzione degli obiettivi concordati e condivisi; queste mete si devono poter classificare rapidamente in una banca dati e verificare. La concordanza tra obiettivi, valutazione ed interventi educativi è indispensabile per la riuscita del programma, come è necessario il consenso da parte di tutti i soggetti-attori della progettualità sugli obiettivi comuni. L’azione educativa per la salute – all’interno dell’azione continuativa del dipartimento di prevenzione, della scuola, del medico di base e del pediatra, della famiglia e delle altre agenzie educative territoriali – deve essere: – un’azione globale ed integrata in ogni aspetto dello sviluppo progettuale ; – un’azione coerente con tutto il contesto socio-culturale al quale è finalizzata; – un’azione promozionale e mai colpevolizzante; – un’azione rivolta contemporaneamente all’intero ambiente in cui vivono i giovani e gli adulti dell’A.S.L.; – un’azione rinforzata dall’esterno da una politica promozionale di prevenzione e sviluppo in tutti i settori da cui dipende il benessere del singolo e della comunità; – un’azione rivolta ai “professionisti della salute”, che è molto importante vengano recepiti fin dall’infanzia come persone aperte, accessibili, comprensive. Il G.L.M. sistematizzerà gli obiettivi, dando priorità ai bisogni emersi dall’analisi territoriale, al fine di creare un nuovo tessuto sociale, fatto di interrelazioni e di interdipendenze che, a loro volta, si riferiscano e suscitino consensi da parte dei politici e di chi detiene il potere economico, su decisioni e scelte prioritarie, a partire da valori a lungo sotto-estimati, misconosciuti, taciuti, deviati o assenti nella società del profitto, condizionata da leggi della produzione e del consumismo un po’ ovunque ed un po’ a tutti i livelli. Solo una azione profondamente educativa può rendere possibile – a lungo termine – il ricrearsi di un ambiente umano ed umanizzante, coerente con i messaggi positivi che gli educatori devono in coscienza instancabilmente diffondere. La “scuola parallela”, lo si voglia o no, esercita, come si è visto, la sua influenza; i modelli di comportamento e di vita, lo si accetti o no , sono richiesti dalle nuove generazioni e la loro assenza provoca conseguenze altrettanto disorientanti quanto la presenza di modelli devianti. Il G.L.M. dovrà particolarmente seguire il raggiungimento di una cooperazione reale da parte, non solo dei responsabili di educazione, ma dei responsabili dell’ambiente, del lavoro, dell’occupazione, della politica sociale e dei trasporti, che devono, insieme, promuovere una qualità della vita che risponda alle esigenze dell’uomo. Soprattutto, perchè l’impresa riesca, bisogna che i principi della nuova cultura della salute siano inseriti nei curricoli di formazione iniziale e permanente dei diretti responsabili della salute umana: insegnanti, personale sanitario e responsabili dei media che attraverso le informazioni devono concorrere alla scoperta dei valori autentici e di tutte le risorse che esistono e che possono convalidare e rinforzare l’azione degli altri educatori. Altro elemento utile alla realizzazione delle mete-obiettivo, che il G.L.M. al suo interno e non solo, dovrà esplicitare, e’ chiarire a quale concetto di persona fanno riferimento i suoi componenti e l’insieme dei prestatori del progetto, nei quattro livelli attuativi (esecuzione, animazione, consulenza, mentalizzazione). Se ciò non avviene rimane forte il rischio di ambiguità e cibernosi. Al di là delle differenze ideologiche è forse possibile condividere un approccio sistemico e globale al concetto di persona secondo cui l’uomo è considerato come una unità psicofisica inscindibile e indissociabile nella quale interagiscono e si influenzano sei dimensioni (fisica e biologica, intellettuale, emotiva, sociale, professionale, spirituale) e quattro livelli (organismo, cittadino, persona, essere) . Oltre a consentire il superamento del vecchio dualismo “mente/corpo” questo tipo d’approccio stimola gli educatori a non essere riduttivi nell’affrontare la problematica dell’educazione alla salute. Ognuno individuerà nel proprio ambiente sociale d’azione le proprie specificità educative al di fuori del campo biomedico. Altre due idee, devono essere tenute presenti in questa fase della progettazione: la carriera sanitaria e il programma a spirale. Entrambe riguardano ancora il come scegliere le mete-obiettivo per e da parte degli individui e dei gruppi della comunità dell’A.S.L. Altro argomento sarà approfondire con quali metodologie i singoli ed i gruppi, compreso il G.L.M., possono definire le mete di loro pertinenza. La carriera sanitaria è costituita dalla serie di influenze che significativamente si esercitano sul comportamento in materia di salute dell’individuo in una data collettività, per tutta la durata del suo sviluppo. E’ il “curricolo sanitario personale” in cui emerge il proprio stile di vita, considerato in tutto l’arco dell’esistenza. In questo senso va colta l’affermazione che non è esatto parlare di età evolutiva (0-18 anni) e di età involutiva (anziani). Per esempio, l’influenza esercitata dalla famiglia, dai compagni e dalla comunità territoriale sul comportamento riguardo il fumo dei giovani o sul loro atteggiamento verso l’alcool sono dimostrabili; e i comportamenti che ne derivano appaiono come il prodotto dell’interazione fra una personalità in via di sviluppo e queste influenze sociali. Può essere opportuno rilevare modelli di eventuali influenze predominanti in momenti dati: per esempio, all’inizio della scolarizzazione si può ragionevolmente pensare che la famiglia, la scuola, i mass-media e alcuni servizi sanitari siano le fonti principali di influenza; mentre durante il periodo che precede la pubertà si dovrà aggiungere la considerevole incidenza delle amicizie; nell’adolescenza (durante e verso la fine) forse ci sarà il condizionamento dell’ambiente circostante e, eventualmente, dell’ambiente di lavoro. La domanda fondamentale è: quali sono i messaggi in materia di salute (o comportamento sanitario) che sono trasmessi formalmente e informalmente da ognuna di queste influenze? Questi messaggi, provenienti da una sola o più influenze, sono contraddittori o complementari? Possono esser riconosciuti, catalogati e sintetizzati? Siamo sicuri della loro positività in una determinata fase dello sviluppo? La persona correttamente stimolata e formata è in grado di acquisire sempre nuove conoscenze, consapevolezze e di pervenire, ad ogni età, a stadi di pienezze successive, che le procurano bene-essere e che la rendono utile a livelli e gradi diversi. Potrà sembrare fantascientifico, contro la privacy, ma sarebbe estremamente utile che i cittadini, con l’ausilio dei tecnici del G.L.M. e di quelli dell’E.A.B. (équipe analisi dei bisogni) potessero costruire la loro biografia sanitaria evidenziando, cronologicamente ed in particolare, i modelli di promozione e non della salute acquisiti nel corso dell’esistenza. Ciò permetterebbe con più facilità la scelta delle mete e conseguentemente delle opportunità formative – che il progetto territoriale dovrà poter offrire – utili al mantenimento della propria integrità fisica e psicologica, affettiva ed emotiva, ecc. . Con appositi corsi formativi, tale servizio ai cittadini, che ne fanno richiesta, potrebbe essere espletato dai medici di base o dai pediatri e dagli insegnanti delle scuole del territorio. Queste professionalità a pieno titolo dovrebbero far parte del G.L.M e dell’E.A.B. Il programma a spirale, conosciuto e compreso nell’ambito della scuola, può essere applicato all’interazione fra scuola e comunità. Se un principio è sufficientemente importante ed utile a una comunità, allora lo si può applicare a tutti i livelli di comprensione, dall’infanzia all’adolescenza e oltre. Questo comporta uno sviluppo del principio per tappe, a un livello di complessità che si eleva in base al livello intellettivo ed agli interessi. Secondo questo metodo, lo stesso concetto si applica ai bisogni ed alle aspirazioni di tutti i gruppi della collettività, compresi i ragazzi e gli adolescenti. Detto questo, in quale quadro concettuale si stabilisce la priorità di un programma di educazione alla salute? Questo quadro dovrebbe comprendere un’ampia informazione sulla salute e sui fattori che influiscono su quest’ultima e un’informazione globale sullo sviluppo fisico, psichico e sociale. Questo approccio mette in luce le origini del comportamento e della formazione di atteggiamenti che influiscono sul comportamento, mentre invece un isolamento dei problemi, quali la tossicomania o altre forme indesiderabili di comportamento, centra l’attenzione sulle caratteristiche di questo comportamento, facendo perdere di vista la molteplicità delle cause. Esaminando l’eziologia del comportamento è possibile rinforzare la capacità degli individui a prendere decisioni responsabili per ciò che riguarda la loro salute. Le metodologie per la scelta e definizione delle mete-obiettivo, a livello personale e di gruppo, possono essere molteplici. Generalmente nell’ educazione alla salute si segue la programmazione curricolare che: indica scopi specifici, delinea itinerari in situazione, riguarda situazioni specifiche, tende alla dinamicità, è autocorreggibile. Il modello curricolare centrato sugli obiettivi assume questi come fattore di regolazione delle successive fasi del curricolo: i contenuti e i metodi non sono infatti considerati intrinsecamente validi, ma lo diventano nella misura in cui sono coerenti con gli obiettivi che si vogliono fare perseguire. Gli obiettivi sono strettamente correlati alla valutazione: definire gli obiettivi significa già programmare ciò che si vuole accertare al termine dell’azione educativa e anche evitare il rischio di pretendere di valutare in base a conoscenze-capacità-abilità non dichiarate come scopi. Le fasi di sviluppo della programmazione per obiettivi sono proprie del modello (Azzali e Cristanini,1995): – circolare (analisi della situazione, selezione degli obiettivi, selezione ed organizzazione del contenuto, selezione ed organizzazione dei metodi, verifica valutazione ) che mette in evidenza la ricorsività dei processi: la valutazione diventa in realtà una nuova analisi della situazione da cui prende il via un nuovo percorso; – cibernetico (analisi della situazione, definizione degli obiettivi, selezione dei contenuti, scelta ed organizzazione dei metodi e delle attività, scelta ed organizzazione dei materiali e degli strumenti, strutturazione delle sequenze di apprendimento, realizzazione, valutazione) che sottolinea particolarmente l’interdipendenza e l’interrelazione tra le diverse fasi: ciascuna di esse prepara la successiva e al contempo si correla coerentemente alle precedenti, consentendo una continua regolazione del processo. Sulla base delle finalità definite in sede di programmazione partendo dai dati raccolti attraverso l’analisi dei bisogni, dell’analisi della situazione delle risorse e degli ostacoli, si procede alla formulazione degli obiettivi. Gli obiettivi si possono anche riferire al criterio dei tempi di conseguimento da parte dei soggetti interessati: si distinguono in questo caso obiettivi a lungo termine, a medio termine , a breve termine. Un secondo modo si basa sul grado di astrattezza /concretezza: avremo allora gli obiettivi generali, gli obiettivi intermedi (eventualmente), gli obiettivi specifici, gli obiettivi comportamentali. Un terzo modo può essere integrare ed incrociare gli obiettivi generali, specifici ecc.. con le aree del sapere, del saper fare, del saper essere. La prima distinzione, ancorchè assai utilizzata nella prassi, non è esente da ambiguità: non esiste infatti una condivisione generalizzata circa ciò che si intende per lungo, medio e breve termine. Per lungo termine s’ intende l’intera carriera sanitaria di un soggetto; Per medio termine la durata di un segmento formativo, ad esempio il tempo impiegato per apprendere le strategie di vita : abilità per un comportamento adeguato e positivo, che rende gli individui capaci di rapportarsi efficacemente con le richieste e le prove da superare della vita di tutti i giorni; Breve, può essere il tempo per l’acquisizione di un singolo aspetto formativo, ad esempio sempre all’interno delle strategie di vita, che sono innumerevoli, c’è un set primario di abilità che sono al centro delle iniziative basate sull’acquisizione di abilità per il conseguimento della salute e del benessere dei bambini e degli adolescenti: prendere decisioni, risolvere problemi, pensare in modo creativo, pensare in modo critico, comunicare in modo efficace, saper mantenere rapporti interpersonali, prendere consapevolezza di sé, provare empatia, contenere le emozioni, controllare lo stress. La seconda classificazione appare più precisa e completa . Gli obiettivi generali definiscono in modo meno astratto i traguardi che i soggetti dovrebbero raggiungere. Gli obiettivi specifici costituiscono il passaggio del processo di operazionalizzazione, cioè di ricerca della massima concretezza, osservabilità, misurabilità dei risultati dell’azione educativa continuativa dell’insegnante, medico, genitore ecc. Essi si definiscono scomponendo l’obiettivo generale in sotto-obiettivi che rappresentano acquisizioni necessarie rispetto al conseguimento dell’obiettivo generale stesso. Gli obiettivi comportamentali rispondono all’esigenza di verificare l’effettivo possesso delle conoscenze, capacità, interiorizzazioni. Nella definizione degli obiettivi comportamentali è molto facile cadere in alcune trappole e di conseguenza commettere errori. Si tratta in pratica di identificare una serie di comportamenti osservabili e misurabili, che, pur non esaurendo la portata dell’obiettivo, costituiscono indizi che si possono ragionevolmente accettare come prova del suo conseguimento da parte del singolo e del gruppo (Appendice n 2). Per formulare correttamente un obiettivo educativo gli esponenti della programmazione per obiettivi hanno codificato una serie di criteri : la situazione, l’azione che il soggetto deve compiere, la capacità-indizio, il contenuto della prestazione; le condizioni nelle quali la prestazione deve essere effettuata; il criterio di accettabilità della prestazione. Naturalmente non è necessario tradurre ciascun obiettivo specifico in tutti i possibili obiettivi comportamentali: è sufficiente individuare un campione significativamente rappresentativo di prestazioni che, se accertate, possono ragionevolmente consentirci di affermare che i singoli ed i gruppi hanno conseguito il traguardo che avevamo preventivato. Un altro modo per definire gli obiettivi dell’educazione alla salute in relazione ad un settore specifico – i giovani che vivono situazioni-rischio – potrebbe essere utilizzare la metodologia della ricerca-azione, applicata al contesto della educazione di strada . L’educazione di strada è una metodologia partecipativa di carattere promozionale dotata di una sua strategia gioco forza socio-educativa; in quanto: 1) opera nel sociale e nelle relazioni interumane per dare loro un senso che vada oltre la semplice aggregazione; 2) introduce “altri” valori (possibilità di riuscita personale, occasioni di apprendimento, forme di interazione finalizzate ad obiettivi di sviluppo, ecc.) in situazioni entro le quali non succede mai nulla di significativo ( Demetrio, 1993). In tal modo l’educazione di strada si fa prevenzione come: – anticipazione, dove l’obiettivo è fare prima, agire tempestivamente perchè danni irreparabili non compromettano il diritto al futuro; – avvertimento, dove l’obiettivo è creare strategie e metodi di informazione e comunicazione rivolti ai singoli piu a rischio ed anche a tutti coloro che possono ascoltare e reagire; – contatto diretto, dove l’obiettivo è non perdere la fiducia nella parola, nella possibilità che nel faccia a faccia ci si possa intendere e spiegare. L’educazione di strada non può essere rigidamente sottoposta a criteri di programmazione per obiettivi rigidamente predefiniti, scandita per fasi, confinata in spazi delimitati, concentrata su contenuti preconfezionati, sottratta all’idea di esperienza. La ricerca-azione può essere riconoscibile nell’educazione di strada rispetto: – alla volontà di utilizzare i dati di ricerca raccolti sia dagli educatori che dai giovani in essa coinvolti, per elaborare una risposta partecipata ai problemi da castoro vissuti; – alla messa in luce di potenzialità cognitive e comunicative che, altrimenti, non avrebbero potuto manifestassi. La ricerca-azione applicata all’educazione di strada e non solo, consisterà, allora, in una programmazione che tenda ad usare il contesto educativo-esperienziale al fine di favorire processi d’integrazione, cioè, se si vuole, la percezione di sè come personalità integrata, in relazione costruttiva con la realtà e con gli altri (Demetrio 1993). La definizione delle mete-obiettivo secondo i criteri che abbiamo esposto, nel presente capitolo e nell’ appendice, costituisce un compito sicuramente molto impegnativo per gli operatori del progetto, ma è ciò che permetterà il raggiungimento sostanziale del fine progettuale: l’educazione e promozione della salute .
Appendice 1 al capitolo quinto Elenco delle caratteristiche che potrebbero ritrovarsi in un modello di “UOMOGLOBALE”(Gandolfo, Bruera 1984). Uno, evolutivo, ondulatorio, ricorrente, probabilistico, complessificante, auto-orientato Uno: resta cioè sempre se stesso , centrato sui propri valori, pur nella molteplicità dei ruoli che deve ricoprire in ogni aspetto della realtà. Auto-orientato: non evolve solo grazie a quel principio teleologico insito nel progetto del suo originario DNA, ma dirige i suoi sforzi e le sue energie verso mete autonomamente fissate. Crede fermamente nella vita, ma non è un fatalista. Appendice 2 al capitolo quintoEsemplificazione di programmazione dettagliata sull’argomento nutrizione. Qualunque sia la loro natura, gli obiettivi educativi saranno espressi in termini sempre più comportamentali quanto più se ne sviluppi l’analisi. Non ci si potrà dunque accontentare di espressioni come: “l’alunno conoscerà le caratteristiche nutrizionali degli alimenti”; bisognerà precisare attraverso quali comportamenti (attività osservabile) l’alunno manifesterà questa conoscenza. Gli esperti in educazione alimentare concordano nel definire come segue i rami principali, cioè gli obiettivi generali. Lo studente sarà in grado di: – gestire il proprio capitale salute (prendere in carico la propria salute). – conoscere le caratteristiche nutrizionali degli alimenti.- – Conoscere i propri bisogni nutrizionali. – Determinare il fabbisogno alimentare quotidiano. – Dividere il fabbisogno giornaliero in più pasti. – Capire la fisiologia della digestione e adattarvi il proprio comportamento alimentare. – Fare attenzione al consumo di certe componenti della dieta personale. – Acquistare o procurarsi il cibo. – Preparare i pasti. – Assumere i pasti in un ambiente adatto. I dieci grandi obiettivi descritti qui sopra non hanno tutti la stessa importanza. Benchè comportino un verbo, ognuno di questi obiettivi è stato espresso in termini ancora vaghi e generali. Alla scomposizione progressiva di un obiettivo in sotto-obiettivi corrisponde un aumento progressivo di precisione. Le precisazioni si riferiscono talvolta ai comportamenti (azioni sempre più precise), talvolta ai contenuti (oggetti sempre meglio specificati), talvolta infine alle circostanze(situazioni sempre meglio descritte). Durante la scomposizione è sempre presente l’attenzione all’obiettivo dell’acquisizione di comportamenti. Tutti gli obiettivi, dal più generale al particolare, sono protagonisti di frasi dove compaiono verbi (possibilmente d’azione) in cui il singolo o il gruppo sono il soggetto. Si tratta di scomporre in modo organizzato le capacità di un individuo e di un gruppo considerato nella sua globalità. Per l’obiettivo acquistare o procurarsi il cibo si indicano di seguito i sotto-obiettivi, i quali a loro volta possono ancora avere ulteriori diramazioni: – preparare la propria lista della spesa, – comprare in base alla lista, – confrontare i prezzi, – capire l’importanza dello stato di freschezza degli alimenti, – leggere le etichette, – essere informati sui surgelati e le conserve, – sapere come conservare gli acquisti, – sapere che certe confezioni sono preferibili ad altre, – scegliere i prodotti che rispondano meglio ai criteri. L’analisi dei sotto-obiettivi sopra esposta non presenta una omogenea utilità. Così durante una riunione di programmazione generale fra i responsabili, del modulo formativo, saranno presi in considerazione solo gli obiettivi generali. Per contro, al momento di esaminare le valutazioni, di formulare test, di trovare gli strumenti di formazione, saranno utili soprattutto gli obiettivi particolari. E’ importante che gli obiettivi generali e particolari siano articolati in un unico schema. In effetti nelle situazioni formative abituali, è spesso difficile creare legami fra le intenzioni generali di un programma educativo e i suoi risultati concreti.
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CAPITOLO SESTO CONTENUTI, METODI E TECNICHE PER IL PROGETTO TERRITORIALE INTEGRATO CHE PROMUOVE LA SALUTE DEI CITTADINI. |
Per contenuti si intendono una serie di elementi cognitivi, di maggiore o minore ampiezza e complessità che procedono da quelli più elevati e più impegnativi a quelli più vicini all’ applicazione esecutiva Possono essere: le teorie , i principi, i concetti, i termini, le tematiche, gli argomenti, le regole, le procedure, i metodi, le tecniche applicative (Cerini e Cristanini,1999). Per riuscire nei suoi compiti, l’educazione, e l’educazione alla salute in particolare, deve essere organizzata attorno a quattro tipi fondamentali di apprendimento che, nel corso della vita di un individuo, saranno in un certo senso i pilastri della conoscenza: – imparare a conoscere, cioè acquisire gli strumenti della comprensione; – imparare a fare, in modo tale da essere capaci di agire creativamente nel proprio ambiente; – imparare a vivere insieme, in modo tale da partecipare e collaborare con gli altri in tutte le attività umane; – imparare ad essere, un progresso essenziale che deriva dai tre precedenti (Cerini e Cristanini, 1999). Anche se, allo stato attuale della ricerca scientifica, appare impossibile dare una definizione univoca del termine, a motivo delle numerose e differenti teorie che ne analizzano le caratteristiche fondamentali, si può in linea generale dire che per apprendimento (e per apprendere) si intende quel processo psichico che consente al soggetto d’acquisire in forma durevole, ma non a seguito di fattori innati o di processi di maturazione di ordine chiaramente biologico, semplici abitudini o conoscenze e competenze molto complesse.
In genere, però, le persone hanno la libertà e la capacità di esercitare un’influenza sui propri apprendimenti – comportamenti rilevanti per la salute. Un progetto in materia di salute pubblica può sostenere questo potenziale individuale. Tali progetti, comunque, possono costituire un inutile sperpero di risorse se non vengono progettati bene e calibrati per essere recepiti da un pubblico specifico. Gli psicologi hanno individuato una gamma di fattori che svolgono un ruolo autorevole nel favorire la motivazione e l’adattamento ad abitudini che promuovono la salute. Per esempio, la scelta degli obiettivi e i processi decisionali preparano il terreno per il cambiamento personale. Le buone intenzioni, comunque, non sono sufficienti per portare le persone all’adozione di abitudini che tengano conto della salvaguardia della salute o all’abbandono di quelle a rischio. Il pensiero autoriferito interviene a vari livelli dell’inizio e della continuazione di azioni compiute per il proprio bene. La considerazione di questi processi, nei progetti di salute pubblica e in interventi mirati, è d’importanza considerevole. Secondo la teoria cognitivo-sociale (Bandura, 1977), la motivazione e l’azione umana sono in gran parte regolate dalla previsione. Questo meccanismo di controllo anticipatorio si basa su tre tipi di aspettative: -le aspettative situazione-risultato, in cui le conseguenze vengono prodotte da eventi ambientali indipendenti dall’azione personale; -le aspettative azione-risultato, in cui i risultati derivano dall’azione personale; -il senso di autoefficacia, che riguarda le convinzioni delle persone circa le proprie capacità di eseguire il corso di azioni necessario a raggiungere un risultato desiderato. La probabilità che le persone adottino un comportamento salutare o rinuncino a un’abitudine dannosa può dipendere da tre categorie di cognizioni: – l’aspettativa di essere a rischio ( ho un alto rischio di ammalarmi di cancro perchè fumo) , – l’aspettativa che la modificazione del comportamento ridurrebbe il pericolo ( se smetto di fumare correrò meno rischi), – l’aspettativa di essere sufficientemente capaci di esercitare un controllo sull’abitudine a rischio (sono capace di smettere di fumare definitivamente). Il compito di creare condizioni ambientali favorevoli all’apprendimento-comportamento ricade pesantemente sulle capacità e sull’auto-efficacia degli insegnanti. L’atmosfera che regna nelle aule scolastiche e negli ambienti in cui si tengono corsi formativi è in gran parte determinata dalle convinzioni dei docenti circa la propria efficacia in relazione al ruolo che svolgono. I docenti fermamente convinti della propria efficacia nel ruolo di docente predispongono esperienze didattiche di cui gli alunni possano sperimentare la sensazione di padronanza (Gi. Quelli incerti sulla propria efficacia creano ambienti di cattiva qualità, che probabilmente si ripercuotono negativamente sul senso di efficacia e sullo sviluppo cognitivo degli studenti. Il processo d’integrazione (sintesi cronosferica di teoria e prassi in cui una personalità diviene coesa in tutto organico), come detto nei capitoli precedenti, deve riguardare non solo i clienti del progetto, ma in particolare i responsabili e soprattutto i diversi specialisti che condurranno la formazione, per la fascia interna ed esterna del progetto, sui contenuti scelti per il raggiungimento degli obiettivi. Questi professionisti dovranno incoraggiare un comportamento sano tra la popolazione, assicurando coerenza tra il contenuto del programma insegnato (curricolo) ed il programma latente (loro atteggiamento etico). Le convinzioni degli specialisti circa la propria efficacia personale determinano il loro atteggiamento generale verso il processo educativo così come le loro specifiche attività didattiche. Se credono nella propria efficacia favoriscono lo sviluppo della motivazione intrinseca e dell’autonomia dei loro “allievi”. Il ruolo rivestito dalle convinzioni di autoefficacia nella formazione di persone destinate a gestire autonomamente la propria istruzione per tutto l’arco della vita è di importanza vitale (Bandura,1997). Oltre a possedere il senso di autoefficacia, l’esperto, a cui verrà consegnato il compito di gestire parte delle tematiche scelte per rispondere ai bisogni ed agli obiettivi del progetto, dev’essere competente nell’analisi dei quadri di riferimento (Appendice n. 1) epistemologici dei suoi “allievi”, siano essi attori o fruitori del progetto. Il quadro di riferimento è un tracciato, un modello, una rappresentazione mentale, simbolica e concettuale dell’universo; è un modo di pensare ed interpretare l’universo (cosmovisione) e rappresentarlo in un insieme di pensiero. Si fa riferimento ad esso ogni qual volta si pensa una realtà. E’ uno strumento della dinamica mentale che ci aiuta a pensare la realtà, poichè una cosa ben diversa è sentire e “palpare” la realtà, dal pensarla. Pensare è riassumere la realtà nella mente, mettere ordine nell’universo confuso che essa è per ottenere una visione coerente ed unitaria. Avere introiettato ad esempio un quadro di riferimento dicotomico o mitico può essere d’inciampo alla crescita della personale ed altrui salute fisica e mentale. Per dare chiarezza alla mente, essere in salute mentale, è necessario scoprire l’ordine delle cose, la loro organizzazione, i loro meccanismi, le strutture e i loro funzionamenti. La mente è come un laboratorio dove si fanno condensazioni, distillazioni, metamorfosi. Essa fa manipolazioni simboliche della realtà, come in un giuoco di specchi produce miniature. I quadri di riferimento più importanti sono quelli che stanno alla base dell’educazione, della comunicazione e delle strutture della società (De Gregori, 1979). Coscienti o no, si usano concetti relativi ai diversi quadri di riferimento esistenti. L’inserimento di questi concetti nella mente, il modo di usarli, formano la struttura mentale. Questa determina ciò che si percepisce della realtà ed il come la si percepisce. L’uomo dipende dai concetti (clichès mentali) ereditati (teorie, principi, credenze, dottrine) di cui la mente è ripiena. In un percorso di formazione, alla salute, è indispensabile coscientizzare i pilastri della struttura mentale, specie dei partecipanti-attori, al fine di: – emancipare la mente degli individui dalla conduzione di coloro che, nel tempo remoto e recente, ma sempre col fine di eterocondurre, anche con la migliore intenzione, continuano a condizionarne i passi attraverso “la voce” della coscienza condizionata; – discernere le leggi che reggono la vita del macro e micro cosmo, per distinguerle dalle interpretazioni personali, tramandate, diffuse, normatizzate, addirittura dogmatizzate , al solo fine di plasmare didatticamente coscienze docili alla conduzione; – assumere la conduzione della vita personale e di gruppo, in libertà, oltre i pregiudizi, verso un cammino di superamento personale. L’educazione alla salute, progettata territorialmente, richiede, al fine di risolvere problemi di disagio e devianza tre imperativi di fondo, più volte richiamati: globalità, partecipazione, coordinamento. La globalità, non la si può solo concepire in termini di pianificazione strutturale, istituzionale, ecc. e la partecipazione non può essere solo uno stratagemma per raggiungere il massimo consenso. Globalità e partecipazione sono imperativi che in questo contesto educazionale richiedono soprattutto un approccio formativo . Gli specialisti, gli esperti attraverso l’analisi dei quadri di riferimento dei soggetti coinvolti nei diversi livelli attuativi, del progetto, favoriranno la crescita della globalità e della partecipazione (De Gregori, 1984). Il programma d’educazione alla salute raggiungerà pienamente i suoi obiettivi se formerà i partecipanti attori e fruitori ad un approccio epistemologico olistico. La salute viene in tal modo non più contrapposta (quadro di riferimento dicotomico), mitizzata (quadro di riferimento mitico), delegata agli specialisti (quadro di riferimento specifico ), ecc. ma “imparata facendo per riscoperta personale”, in altri termini attraverso una metodologia vissuta all’interno di esperienze realizzate in prima persona. L’educazione alla salute, non può quindi essere considerata “disciplina scolastica” nel senso tradizionale, insegnata con metodologie altrettanto tradizionali (corsi cattedratici, informazioni trasmesse senza discussione, lezioni imposte a gruppi numerosi…), ma deve stimolare – attraverso discussioni nei gruppi, ecc. – le attività inerenti il progetto. L’educazione alla salute non comporta esami e voti, la si deve considerare come un processo pedagogico continuo, sottoposto a verifiche e a controlli adeguati. Il suo programma deve essere realizzato nell’intento di soddisfare i bisogni e le esigenze della popolazione di un determinato territorio, affinché possa consapevolmente e responsabilmente scegliere e costruire il proprio stile di vita. Punto focale di tutto l’operare, per la promozione della salute, è il feedback – iter operativo volto a coltivare il senso critico, il mutuo aiuto, la responsabilizzazione, la vita affettiva, la gioia di vivere, il senso estetico, la dignità personale – che può essere utilizzato: – nella comunicazione intra e interpersonale per risolvere i problemi di relazione; – nelle sessioni di studio e di laboratorio per agire come selettore per riorientare gli “input” verso soluzioni anatropiche; – negli scambi interattivi tra due o più persone, legate dal mutuo-aiuto e da obiettiva lealtà, dove rende coscienti i possibili squilibri relazionali e promuove la psicosintesi; – nei contesti comunicativi che richiedono empatia in cui opportunamente propone e regola la flessibilità mentale, la combattività o l’uso di strategie di comunicazione; – in qualsiasi situazione di aumento di informazione, di canalizzazione di interventi, stabilendo la valutazione dei contributi e individuando i costi ed i benefici ( Gandolfo, 1980). In una prospettiva progettuale globale si devono poter sviluppare tre grandi filoni di tematiche: – la responsabilità della propria salute fisica, mentale e sociale; – le relazioni interpersonali; – la responsabilità riguardo all’ambiente. Le tre grandi tematiche formano un quadro nel quale possono essere sviluppati temi secondari, la cui scelta, deve fondarsi sui bisogni della popolazione, alla luce dei problemi sanitari del momento, del suo modello di sviluppo e dei suoi interessi. Benche’ la scelta dei temi particolari debba fondarsi sui bisogni locali identificati, sembra possibile, a priori, suggerire alcuni sottotemi legati a schemi di comportamento e di modi di vita acquisiti nell’infanzia e nell’adolescenza. Questi potrebbero servire, come punto di partenza, per la scelta di sottotemi: – igiene personale: biologia del corpo umano; sviluppo fisico e affettivo e bisogni che ne derivano; abitudini riguardo alla salute; esercizio fisico; nutrizione; scelta dei cibi; tempo libero; effetti dell’alcool; del fumo e delle droghe sulla salute; malattie contagiose -aids -; cancro; sicurezza e prevenzione degli incidenti (in strada, a scuola, a casa, sul lavoro ); pronto soccorso. – relazioni umane: bisogni affettivi, relazioni con l’altro sesso, i genitori e gli insegnanti; imparare ad accettare le separazioni; preparare alla maturità e al ruolo di genitori. – ambiente e salute della popolazione: influenza dei mass-media; condizioni necessarie per una migliore qualità della vita nella comunità; centri sanitari e psico-sociali. Ogni scelta formativa-contenutistica-progettuale deve coinvolgere, anche in diverse forme partecipative – sulla base dei risultati dell’analisi dei bisogni e delle mete-obiettivo definite a livello locale – il maggior numero di persone possibili al fine di permetterne la più ampia fruizione. Bisogna ripetere che la scelta finale dei temi da trattare in questo o quell’ambiente deve essere fatta dopo un accordo con i responsabili del programma di educazione alla salute: – il Direttore del Dipartimento di prevenzione ed il suo staff (tutti i responsabili delle Unità Organizzative Autonome (U.O.A.): servizio igiene e sanità pubblica, servizio igiene alimenti e nutrizione, servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro , servizio veterinario). – i responsabili dell’U.O.N (non).A. per l’educazione alla salute al cui interno, secondo la proposta progettuale, operano gli specialisti, i consulenti, i rappresentanti delle diverse istituzioni che hanno aderito all’intesa interistituzionale formando i diversi gruppi funzionali allo sviluppo progettuale territoriale (equipe-analisi dei bisogni, il gruppo di lavoro sulle mete-obiettivo, ecc.). – insegnanti, alunni e altro personale scolastico. – rappresentanti del personale della sanità ospedaliera, di base, ecc. – genitori. – aderenti alle associazioni di categoria e del tempo libero, ecc. La responsabilità della gestione dei contenuti del progetto è di pertinenza del Direttore del Dipartimento di Prevenzione che ne coordinerà lo svolgimento attraverso l’U.O.N.A. per l’ educazione alla salute. La seconda area può riguardare l’alimentazione e le diete alimentari (bisogni nutrizionali del corpo, nutrizione e salute: magrezza, obesità ecc., abitudini alimentari degli individui e della comunità, consumo di alcool e di farmaci, ecc.). L’ultima area può sviluppare la sicurezza e i primi soccorsi (apprendimento del codice della strada, preparazione alla guida dell’auto, la vita domestica, la sicurezza a scuola, sul lavoro, nel tempo libero, pronto soccorso). Presentando la “carriera sanitaria” (cap 5°) si era già accennato all’importanza del comportamento come il prodotto dell’interazione fra una personalità in via di sviluppo e le influenze sociali. Anche nello sviluppo della progettualita’ dei contenuti per la promozione della salute è determinante la sinergia tra apprendimento e comportamento: la formazione raggiunge i suoi risultati solo se provoca dei cambiamenti. In particolare, dove i problemi di salute sono correlati al comportamento e dove il comportamento è correlato alla incapacità di affrontare efficacemente gli stress e le pressioni della vita quotidiana, il miglioramento delle attitudini psico-sociali (del comportamento) è determinante. Questo si rivela particolarmente importante per la promozione alla salute nel caso in cui il comportamento abbia una forte implicazione nell’origine dei problemi di salute. Nel 21° secolo, un progetto territoriale, finalizzato ad integrare l’azione continuativa del dipartimento di prevenzione, della scuola, del medico di base e del pediatra per la promozione della salute dei cittadini di un territorio, non può limitarsi ad individuare tematiche e contenuti “tradizionali”, deve poter individuare percorsi , specie per le giovani generazioni, che incidano sul loro vivere agli incroci della vita. Le strategie di vita ( life skills ) sono abilità per un comportamento adeguato e positivo, che rende gli individui capaci di rapportarsi efficacemente con le richieste e le prove della vita da superare tutti i giorni (O.M.S., 1996). I più diretti interventi per la promozione delle attitudini psicosociali sono quelli che migliorano le risorse della persona a cavarsela da sola e le abilità personali e relazionali. Le attitudini psicosociali sono abilità che consentono all’individuo di rapportarsi efficacemente con le richieste e le sfide della vita di tutti i giorni. Sono abilità che consentono alla persona di mantenere uno stato di benessere mentale riscontrabile in un atteggiamento flessibile e positivo nell’interazione con gli altri, con l’ambiente culturale e fisico che la circonda. Le attitudini psico-sociali giocano un ruolo importante nel conseguimento della salute in senso ampio; in termini di benessere fisico, mentale e relazionale. Le abilità, sono innumerevoli e la natura e la definizione di queste si adattano a differenziarsi all’interno di culture e situazioni diverse. Per il progetto in questione può essere utile poter costruire nelle diverse scuole, nei centri giovanili, nelle associazioni sportive del territorio dell’ A.S.L. le seguenti abilità (O.M.S., 1996): – prendere decisioni (aiuta ad affrontare costruttivamente le decisioni sulla vita. Ciò può avere conseguenze per la salute se i giovani decidono attivamente le loro azioni in relazione alla salute valutando le diverse opportunità e gli effetti che esse possono avere); – risolvere problemi (rende capaci ad affrontare i problemi della vita. Problemi importanti lasciati irrisolti possono provocare stress mentale e dare origine a concomitante tensione fisica); – pensare in modo creativo (contribuisce sia a prendere decisioni che a risolvere problemi consentendo di esplorare le alternative disponibili e le varie conseguenze delle azioni o non-azioni. Aiuta a guardare oltre la nostra diretta esperienza, anche se non viene identificato alcun problema o alcuna decisione da prendere, il pensiero creativo può aiutare a rispondere adeguatamente e flessibilmente alle situazioni della vita quotidiana); – pensare in modo critico (è un’abilità per analizzare le informazioni e le esperienze in modo oggettivo. Il pensiero critico può dare un contributo alla salute aiutando a discernere e valutare i fattori che influenzano attitudini e comportamenti, come i valori morali, l’influenza dei “pari grado” e i media); – comunicazione efficace (significa essere capaci di esprimersi sia verbalmente che non, nei modi propri della nostra cultura e del nostro stato. Il che vuol dire essere in grado di esprimere opinioni e desideri, ma anche bisogni e paure. Può anche voler dire saper chiedere consiglio e aiuto nel momento del bisogno). – l’attitudine alla vita relazionale (aiuta a rapportarsi in modo positivo con le persone con le quali s’interagisce. Ciò vuol dire essere capaci di creare e mantenere rapporti amichevoli , che possono essere di grande importanza per il nostro benessere mentale e sociale. Può significare tenere buoni rapporti coi membri della famiglia che sono un basilare supporto sociale. Può anche voler dire essere in grado di chiudere rapporti in modo costruttivo); – la presa di coscienza di sé: (include l’identificazione di noi stessi, del nostro carattere, dei nostri punti di forza e di debolezza, di ciò che desideriamo e di ciò che non desideriamo. Sviluppare la presa di coscienza di sé può aiutare a ravvisare i momenti di stress e di pressione. È inoltre spesso un pre-requisito per la comunicazione efficiente e le relazioni interpersonali, nonché per sviluppare empatia per gli altri); – empatia (è l’abilità ad immaginare come sia la vita per un’altra persona, anche se in una situazione a noi poco nota. L’empatia può aiutarci a capire ed accettare gli altri diversi da noi, cosa che può migliorare l’interazione sociale, ad esempio, in situazione di diversità etnica o culturale. L’empatia può anche aiutare ad incoraggiare l’acquisizione di un comportamento specifico verso le persone che hanno bisogno di cura e assistenza, o la tolleranza, come nei casi di portatori di AIDS o di persone afflitte da turbe mentali, che potrebbero essere “marchiati” ed emarginati proprio dalla persone su cui contano come sostegno); – far fronte alle emozioni (implica il riconoscimento di emozioni in noi e negli altri, la consapevolezza di come le emozioni influenzino il comportamento e la capacità di rispondere alle emozioni in modo appropriato. Le emozioni intense, come la rabbia o il dolore, possono avere effetti negativi sulla nostra salute se non si reagisce in modo conveniente); – far fronte allo stress (consente di individuare l’origine dello stress nella nostra vita, di riconoscere quanto questo ci coinvolga ed agire in modo tale da controllare i nostri livelli di stress. Ciò significa che si possono intraprendere azioni per ridurre la causa dello stress, per esempio, modificando l’ambiente intorno a noi o lo stile di vita. Oppure può voler dire imparare a rilassarsi, in modo che le tensioni provocate da inevitabile stress non diano origine a problemi di salute). Le strategie del saper vivere sopra indicate possono essere apprese dai giovani come abilità acquisite. Ad esempio il problem solving, in quanto tecnica, può essere descritta come una serie di stadi da superare, quali: – definire del problema; – considerare tutte le soluzioni possibili al problema; – soppesare il vantaggio e lo svantaggio di ciascuna di queste; – individuare la soluzione più idonea e pianificare come questa possa essere realizzata. Le strategie di vita rendono gli individui capaci di tradurre conoscenze, attitudini e valori morali in abilità reali/pratiche cioè “cosa fare e come farlo”, rendono capaci inoltre di comportarsi in modo sano, dato il desiderio di farlo, la portata e l’ opportunità di farlo. Queste strategie non sono una panacea e le abilità a “come fare” non sono gli unici fattori che coinvolgono il comportamento. L’ideale è che tale apprendimento avvenga in giovane età, prima che si instaurino modelli negativi di comportamento ed interazione. Il programma di educazione alle life skills può comprende tre livelli d’attuazione : – insegnamento di base delle strategia di vita , applicato alle situazioni della vita di tutti i giorni. – applicazione delle life skills a temi di una certa rilevanza connessi ai vari problemi di salute e relazione. – applicazione delle life skills in specifiche situazioni di rischio che possono generare problemi di salute e di relazione. I medici di base ed i pediatri potranno partecipare, per attivare gli obiettivi del progetto nella loro azione continuativa, a specifici corsi formativi basati ad esempio (cap.2°) sul colloquio di counseling (Bert e Quadrino, 1993). L’ azione dei medici di base, per quanto concerne il progetto in questione, è soprattutto di prevenzione secondaria, solo indirettamente ed occasionalmente attiene alla prevenzione primaria. Argomenti di eventuali corsi di counseling potrebbero essere: – analisi della comunicazione per comunicare meglio, – cosa comunica il contesto di uno studio medico, – i segni del ruolo medico, – gli strumenti del counseling, – fare counseling a partire dal sintomo, – counseling e compliance, ……….. Altro tipo di formazione, a cui possono partecipare i medici con le altre competenze professionali del territorio, sono corsi per l’apprendimento dell’ approccio interdisciplinare alle problematiche, tematiche, ecc. dell’educazione salute, al fine di limitare i fenomeni di cibernosi (incoscienza dei quadri di riferimento, deficienze di codificazione verbale e non verbale, mancanza di relativizzazione, ignoranza di tecniche di riunione e d’ intervista, resistenza alle tecniche di comunicazione, mancanza di metodo partecipativo, mancanza di feedback e di evoluzione) da parte di categorie che avranno senz’altro molta rilevanza per il buon funzionamento del progetto. La formazione interdisciplinare, delle diverse professionalità partecipanti alla realizzazione progettuale, può seguire diversi itinerari metodologici-didattici. Il primo si rifà alla ricerca didattica interdisciplinare dell’A.S.I.S (associazione sintesi della conoscenza) O.N.G. Unesco; il secondo è tratto dall’ esperienza didattica maturata in ambito I.R.S.A.E. – Piemonte. Il primo metodo cerca di tradurre in forma concreta la necessità di sistematizzare il dialogo di gruppo al fine di pervenire a una sintesi dei differenti apporti; sinteticamente il suo flussogramma è il seguente: – Introduzione: presentazione dei partecipanti ed esposizione della dinamica di gruppo esplicita (Appendice n. 3. D.G.E.). – Tema: sua definizione terminologica, problematizzazione: quali domande emergono, concettualizzazione delle questioni; – Ipotesi: formulazione delle ipotesi da parte dei partecipanti, unificazione e sintesi per la scelta dell’ipotesi; – Raccolta dati: verbali e non verbali, esperienze, fonti, testimonianze, esame olografico dell’ipotesi, analisi dei dati, creatività di gruppo,… – Diagnosi: esplicitazione dei lavori realizzati in gruppo, conclusioni dei partecipanti; – Tesi: dimostrazione dell’ipotesi, sintesi della conoscenza, psicosintesi di gruppo; – Futurizzazione: brainstorming, utilizzato in questo percorso, per far emergere i problemi insiti nella tesi; – Pianificazione: per risolvere il problema scelto dal gruppo; – Sintesi: conclusioni personali relate alla ricerca, conclusioni di gruppo; – Verifica: valutazione e feedback dell’ attività realizzata. Il secondo itinerario si rifà alla Ricerca-Azione, rappresenta un approccio culturale e metodologico che si può adattare tanto alla realtà scolastica quanto alle attività educative extrascolastiche (Mariani, 2000). Con la ricerca-azione si mette in movimento un processo a spirale che parte dall’individuazione dell’area che si vuole indagare per arrivare alla fase del controllo e della valutazione, dalla quale può prendere l’avvio una nuova ricerca-azione (Pozzo,1998). Le fasi che caratterizzano l’impianto della ricerca-azione sono state sistematizzate dagli autori anglosassoni J. Elliott e G. Bell, esse sono: – idea iniziale (fase dell’ideazione, si radica nella realtà: situazioni concrete e problemi che i partecipanti intendono studiare); – ricognizione (fase di chiarificazione dell’idea iniziale, può succedere che sia necessario uno spostamento di fuoco); – piano generale (fase di pianificazione in cui si individuano strategie di azione idonee, secondo G. Pozzo; per A.M.Mariani occorre che, oltre le fasi predisposte siano indicate anche le risorse disponibili, ecc.); – realizzazione o azione e controllo dei processi; – valutazione. Si vuole concludere questa ricerca finalizzata a: “come integrare l’azione continuativa del dipartimento di prevenzione, del medico di base, della scuola e delle altre agenzie per promuovere la salute dei cittadini di un territorio….” presentando due percorsi d’educazione alla salute – non completamente integrati con tutta la realtà territoriale – attivati, nella città di Torino e cintura, a favore dei minori. Alcune delle azioni educative comprese in queste due esperienze, specie le tecniche e gli esercizi proposti, potrebbero essere di valido aiuto nella sistematizzazione didattica della presente ricerca. Entrambi sono nati ed anche concretizzati nella Circoscrizione 2 (Mirafiori-nord e S. Rita): il primo è stato avviato negli anni ottanta, il secondo negli anni novanta. L’ A.GIO. (Associazione GIOvani) costituita nel 1984, focalizza il proprio obiettivo nell’attivare progetti articolati di prevenzione generalizzata per le fascie adolescenziali e pre-adolescenziali ed in particolare per i cosidetti minori “a rischio”, identificabili prevalentemente, ma non solo, nei minori del sottoproletariato, soggetti nei quali mancano le possibilità reali di reagire al dilagare della droga e di altre tossicomanie, all’acutizzarsi della disoccupazione, ecc . I progetti dell’A.GIO. sono e sono stati finanziati dalla Circoscrizione 2, dall’A.S.L., dal Comune e dalla Provincia di Torino, dalla Regione Piemonte e dal Ministero degli Interni, da alcune aziende e da diversi privati cittadini. L’A.GIO., tramite volontari ed educatori professionisti, opera in particolare sulla strada offrendo ai giovani che incontra valori e modelli di vita alternativi a quelli in cui sono immersi. L’A.GIO. crea intorno ai ragazzi di strada un clima “d’avvolgimento” che, attraverso messaggi provenienti dalla vita quotidiana vissuta insieme all’educatore in una profonda condivisione, colmi tutti gli spazi vuoti , aiutandoli e sostenendoli a ricucire o costruire i rapporti con la comunità nei suoi momenti di dinamica sociale e di aggregazione. Per realizzare ciò l’A.GIO. ha messo a punto un processo educativo che coinvolge direttamente il minore e l’educatore ed indirettamente altre figure e realtà istituzionali che sono fonte di messaggi formativi oltreché positivi. Il processo educativo dell’ A.GIO predilige la persona, come essere unico ed irrepetibile, con una dignità esistenziale che è compito ed obiettivo della società valorizzare ed integrare in un connettivo sociale che ne accolga e sviluppi tutte le potenzialità. Nel procedere, l’ Associazione Giovani, ha un’attenta valutazione cognitiva del contesto che circonda il minore “a rischio” per non sradicarlo dalle sue radici socio-culturali, ma per fornire strumenti e modalità che gli permettano una completa realizzazione, integrazione ed autonomia. Il meglio della prevenzione per i soci dell’A.GIO. consiste in un aumento di vivibilità civile, diminuzione della sofferenza, della malattia, aumento d’intelligenza sociale, integrazione tra le diverse classi sociali, industriosità nel mondo del lavoro, rielaborazione dei programmi scolastici secondo le esigenze sociali e culturali contemporanee. Sottostà, all’operare educativo di questa associazione, una precisa ciclicità di valore pedagogico (Grosso e Grasso, 1985) molto nota in educazione (Uff. Dioc. Giov., 1988): io – dinamica mentale; gli altri, la comunità – dinamica di gruppo e sociale; il trascendente – dinamica dell’assoluto. L’attività dell’Associazione Giovani è ancor oggi operativa nel quartiere di Mirafiorinord-S.Rita e nelle città di S.Mauro Torinese e Grugliasco. Le realtà professionali, i diversi livelli ( cooperative di educatori professionali, comunità residenziali, centri di avviamento al lavoro, ecc.) che aveva creato per rispondere alle diverse tappe del suo progetto educativo di prevenzione procedono oggi autonomamente, secondo propri obiettivi; è purtroppo venuta meno l’integrazione operativa tra chi agisce volontariamente e chi invece opera professionalmente.Il secondo percorso educativo nasce da un lavoro di collaborazione tra un gruppo di Docenti Referenti in Educazione alla salute delle scuole elementari, medie e gli Animatori culturali della Circoscrizione 2. Nel corso degli anni scolastici 1994/95 e 1995/96, questo gruppo di lavoro ha cercato di raccogliere, rielaborare e riorganizzare, quanto fatto precedentemente, in modo da creare dei percorsi di educazione alla salute facilmente utilizzabili anche da chi non ha mai affrontato in modo strutturato e sistematico questi temi. L’educazione alla salute, viene intesa come: educare a star bene con se stessi, con gli altri, nel proprio ambiente familiare e scolastico, non è qualcosa “altro” dalla scuola, ma piuttosto un modo della scuola di esprimere il suo essere comunità educante, non solo, quindi, attenta a mediare apprendimento di conoscenze e competenze ma preoccupata anche di favorire il bene-essere psicofisico e sociale dei ragazzi a cui si rivolge. Il percorso è strutturato in unità tematiche che vengono proposte secondo la logica della crescita evolutiva dei ragazzi. I temi proposti perseguono l’obiettivo di favorire lo star bene dei ragazzi con se stessi, con gli altri e nel proprio contesto di vita. La modalità con cui i temi vengono affrontati privilegia l’aspetto ludico (giochi di ruolo, di simulazione, di cooperazione, giochi psicologici…) in quanto più immediato e coinvolgente, ma con il preciso obiettivo di far riflettere i ragazzi sull’esperienza vissuta attraverso l’attività proposta e favorire una loro presa di coscienza della proposta educativa in essa contenuta. Le attività proposte da questa esperienza – che oggi continua secondo la progettazione di ogni singola scuola e non coinvolge più gli animatori culturali della Circoscrizione – sono state intese come un aiuto, un supporto per far crescere nei ragazzi la capacità di ascoltarsi e ascoltare gli altri, di comunicare con se stessi e con gli altri, di prendere coscienza del proprio mondo interiore e dell’importanza di una corretta relazione con il loro mondo esterno. Sono uno spazio per apprendere a pensare, un ambito privilegiato per esplorare emozioni, per confrontarsi con se stessi e con gli altri, ma in una situazione meno carica di ansie e tensioni. Non sono proposte da ritenersi estranee alla vita scolastica. Aiutare i ragazzi a star bene con se stessi, con gli altri e nel proprio ambiente di vita, facilita infatti il loro approccio all’apprendimento; lavorare per creare un buon clima di classe, permette di sopportare con più facilità la fatica dell’apprendere e della convivenza scolastica. In questo percorso educativo il ruolo dell’animatore (dell’insegnante) è fondamentale. Più che particolari doti animative è importante il suo accettare di essere l’adulto che conduce, che sostiene, che accoglie, che contiene e che in qualche modo mette anche un po’ in gioco se stesso. Domandare ai bambini di cambiare se stessi, non può prescindere dall’accettare di cambiare anche un po’ il proprio essere adulto-insegnante. Leggendo gli otto “libri-schede-lavoro” (dalla prima elementare alla terza media), si intravedono impliciti riferimenti alle “life skills”, a Bandura, a Solomon. Particolarmente considerato è S. Gleen, che è uno dei principali consiglieri di Quest International, il cui approccio da lui immaginato si articola intorno alle percezioni: sono capace, sono importante, posso padroneggiare la mia vita; ed alle attitudini: intrapersonale (autodisciplina), interpersonale (reagire davanti alle limitazioni) e di giudizio (giudicare le relazioni con lucidità). E’ significativo considerare anche altre esperienze di carattere nazionale de internazionale, al fine di selezionare accuratamente i modi e le tecniche opportune, specie nell’educazione alla salute degli adolescenti. Il “progetto adolescenza” di Quest-International (serie di 70 sequenze miranti a sviluppare certe attitudini nei ragazzi dai 10 ai 14 anni), introdotto in Italia grazie alla collaborazione dei Lions Clubs-Multidistretto 108, può essere un’opportunità che è necessario conoscere ed indagare approfonditamente, al fine di non perdere tempo nel progettare “nuovi” itinerari. Le sequenze (Lions e Quest, 1993) possono essere modulate in funzione del programma scolastico e raggruppate, per esempio, in mini corsi di un trimestre oppure in corsi di uno, due, tre anni. durano quarantacinque minuti e sono radunate in sette capitoli che hanno ognuno un tema specifico: – entrare nell’adolescenza: una sfida, – acquisire sicurezza grazie ad una migliore comunicazione, – comprendere le sue emozioni, – migliorare le relazioni con gli amici, – stringere i legami familiari, – sviluppare il senso critico, – definire degli obiettivi. La scelta di ogni contenuto, metodo, tecnica , obiettivo, risorsa e valutazione deve comunque evitare la cultura “fatta pronta”, la cultura ideologicizzata, che propone una visione particolare della realtà. I contenuti i metodi e le tecniche proposte non vogliono essere esaustive, ne tanto meno essere il prodotto conclusivo del progetto. Per crescere nella salute i cittadini, i giovani in particolare, devono essere messi in qualche modo a contatto diretto, deliberato, emozionale, induttivo con la realtà ed essere guidati a percorrere tutti i gradini del processo di formazione della conoscenza, a partire dalla consapevolezza della propria mente, da un corretto equipaggiamento mentale e da una consapevole, chiara anche se flessibile, scala di valori, vale a dire dalla consapevolezza del proprio modo di porsi dinanzi alla realtà.
APPENDICE 1 al capitolo sestoSpirale evolutiva del grado di complessificazione verbale della mente, decorrente dai Quadri di Riferimento ( W. De Gregori,1979) *GLOBALE Può descrivere, contenere, assimilare qualunque apetto della realtà *ECLETTICO Astrae per se le idee che gli sembrano vere *SPECIFICO Idee ristrette ad una area determinata *DICOTOMICO Idee divise, opposte *MENTALITA’ MITICA Credenze * MENTALITÀ FOLCLORICA Tradizione accumulata * CLICHES MENTALI Frasi fatte * LIBERA ASSOCIAZIONE Idee senza logica *PASTOSITA’ MENTALE Idee indistinte *NON VERBALE APPENDICE 2 al capitolo sestoPresentazione della D.G.E. (Dinamica di Gruppo Esplicita)
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CAPITOLO SETTIMO COSA E COME VALUTARE IL PROGETTO TERRITORIALE INTEGRATO PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE |
Dedicare il capitolo finale della ricerca alla valutazione dei percorsi, delle procedure, dei risultati, può essere fuorviante in quanto si ritiene: – limitante posizionare, come generalmente avviene, la verifica al termine della progettazione; si verifica in itinere (questo richiede la cultura della progettazione) – di aver già affrontato la questione nei capitoli precedenti, specie quando si è parlato di analisi dei bisogni, feed-back, retro-azione… – che valutare è porre in particolar modo attenzione ai processi e questi richiedono verifiche costanti, che non possono essere rimandate solo “alla fine del progetto”che in educazione alla salute, come in tutti i percorsi formativi, non può esserci conclusione… (il prodotto è sempre provvisorio); – che è importante non solamente partire da dati di base precisi e corrispondenti, ma essere in grado di controllare il processo in modo tale che possano essere apportate delle modifiche alla strategia, tenuto conto della verifica e della valutazione formativa del processo. – che la valutazione appartiene a tutti i soggetti fruitori ed attori del progetto territoriale integrato per la promozione della salute (non è di qualcuno in particolare): nè del Direttore del Dipartimento di prevenzione e tantomeno del comitato inter-istituzionale, … tutte le persone coinvolte nel programma dovrebbero valutarlo; e per giungere a questo bisognerà favorire l’auto-valutazione, educare ad autovalutarsi, forse anche coinvolgendo esperti valutatori esterni, per assicurare il principio dell’obiettività Ciò favorirà l’acquisizione di una “strategia di vita” molto benefica (meta-obiettivo).
In sintesi, la valutazione può essere intesa come una modalità autovalutativa sistematica seguendo cinque prospettive (Cerini e Cristanini,1999): – soddisfazione del cliente, analisi delle attese e giudizi dei clienti; si valorizza il punto di vista del “consumatore”, vi è una ricaduta sui processi con scarsa attenzione ai risultati formativi, questo approccio è centrato su opinioni soggettive. – diagnosi organizzativa, di tipo sistemico; pone attenzione agli input ed ai processi organizzativi, si dispone di informazioni strutturate, con difficoltà considera le peculiarità del sistema- progetto. – autoanalisi, confronto ideale/reale a scopo di miglioramento; vi è stretto rapporto tra la valutazione e l’azione educativa, ci si focalizza su delle priorità, richiede forte investimento di tempo ed energie, questa prospettiva può risultare poco credibile. – indicatori educativi, si ha un quadro sintetico del funzionamento del progetto o di parte di esso; i dati sono accessibili a più destinatari; rischia di essere superficiale e sintomatica. – controllo esiti formativi, si accertano i risultati di apprendimento; si pone attenzione all’output, c’è facilità di comparazione, la lettura degli esiti può limitare l’angolo visuale, con difficoltà si considerano gli esiti a lungo termine; forse è l’approccio meno adatto per un progetto d’educazione alla salute.
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CONCLUSIONE
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Per realizzare correttamente dei percorsi d’educazione alla salute all’interno del progetto territoriale, integrando l’azione continuativa dell’A.S.L., della Scuola e delle altre “Agenzie” è assolutamente indispensabile formare i formatori e predisporre per loro strumenti di formazione. La “forma” che ognuno ha il diritto di scegliersi, la salute che ognuno vorrebbe vivere è strettamente legata ai messaggi-educazione che abbiamo ricevuto nella nostra infanzia. La progettualità esposta vuole poter contribuire – chissà? – alla scelta della propria “forma-salute” e tentare di rispondere al poeta che scrive : “Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano ad essere timidi Se i bambini vivono con la gelosia , imparano a provare invidia Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano ad essere sicuri di sè Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano ad essere pazienti Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare Se i bambini vivono con l’accettazione imparano ad amare Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi Se i bambini vivono con il riconoscimento imparano che è bene avere un obiettivo Se i bambini vivono con la condivisione, imparano ad essere generosi Se i bambini vivono con l’onestà, imparano ad essere sinceri Se i bambini vivono con la correttezza , imparano cos’è la giustizia Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto Se i bambini vivono con la sicurezza , imparano ad avere fiducia in se stessi e nel prossimo Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere…. ( Dorothy Law Nolte,1972).
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BIBLIOGRAFIA CITATA |
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